Per il Ponte sullo Stretto di Messina, grande opera simbolo di Matteo Salvini, arriva un nuovo stop.
La Corte dei conti al termine di una lunga Camera di Consiglio ha stabilito di non concedere il visto di legittimità e la registrazione della delibera Cipess di agosto che aveva approvato il progetto definitivo dell’opera.

Una decisione che scatena le ire del leader della Lega e della premier Giorgia Meloni nei confronti dei magistrati contabili e non solo. Furiosa la reazione del vicepremier, che parla di “grave danno per il Paese” e di “scelta politica più che giudizio tecnico”.
Mentre Meloni arriva a dire che la mancata registrazione è una “intollerabile invadenza” e “l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento” e avverte: “La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti rappresentano la risposta più adeguata”.
Per la segretaria del Pd Elly Schlein è la prova che la riforma che attende giovedì l’ultimo via libera in Senato “non serve a migliorare la giustizia, né serve agli italiani. Serve a questo governo per avere le mani libere e mettersi al di sopra delle leggi e della Costituzione“.
La decisione è stata assunta dalla Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato. Le motivazioni, in corso di stesura, saranno rese note entro 30 giorni. Non si tratta esattamente di una sorpresa: pochi giorni fa l’ufficio di controllo aveva chiesto di deferire la delibera in “sede collegiale”, ritenendo “non superati i dubbi di legittimità emersi”.
Le risposte di ministero delle Infrastrutture, Cipess e Stretto di Messina (la concessionaria pubblica che deve realizzare l’opera) non hanno evidentemente fugato i dubbi avanzati a settembre, anzi, le contestazione sono aumentate.
Tra i diversi punti sotto la lente dei magistrati le coperture economiche dell’opera da oltre 13 miliardi, l’affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali, antisismiche e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale. Le eccezioni sollevate durante l’adunanza della Sezione centrale della Corte dal consigliere Carmela Mirabella sono state diverse: anche sulla competenza del Cipess, considerato organo “politico”.
Il provvedimento contestato era stato approvato dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile il 6 agosto, ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2023, quello voluto dallo stesso Salvini per riattivare la società Stretto di Messina dopo dieci anni di liquidazione. La delibera approvava il progetto definitivo e assegnava le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Tecnicamente, anche con il parere negativo della Corte dei Conti il governo può comunque decidere di andare avanti con il progetto.
Infatti nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, secondo la legge, l’amministrazione interessata in caso di rifiuto di registrazione può chiedere un’apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso.
Salvini infatti anticipa: “Chiarisco che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora. Parliamo di un progetto auspicato perfino dall’Europa, che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro. Andiamo avanti”.
La premier respinge la decisione sostenendo che “sul piano tecnico, i ministeri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i rilievi formulati per l’adunanza di oggi”.
E continua: “Per avere un’idea della capziosità, una delle censure ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer“.
Poi la leader di Fratelli d’Italia rilancia: “La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all’approvazione, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo, sostenuta dal Parlamento”. Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani su X scrive che “non è ammissibile che in un Paese democratico la magistratura contabile decida quali siano le opere strategiche da realizzare. Il Governo andrà avanti. E’ una decisione che mi lascia esterrefatto e che arriva alla vigilia dell’ultimo voto in Parlamento per realizzare la riforma della giustizia. Il Governo andrà avanti”.
Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani si allinea: “Una decisione che sa molto di ingerenza e che rischia di paralizzare l’azione di governo, ostacolando un’opera strategica per lo sviluppo dell’Italia e per il futuro della Sicilia”.
L’amministratore delegato della Stretto di Messina Pietro Ciucci, dal canto suo, ostenta sorpresa: “Tutto l’iter seguito è stato sempre svolto nel pieno rispetto delle norme generali e speciali italiane ed europee relative alla realizzazione del ponte”.
Esultano invece le opposizioni. “Grande vittoria dello stato di diritto, Salvini si deve dimettere“, incalza il leader di Avs Angelo Bonelli, tra i principali oppositori dell’opera, che minaccia di rivolgersi alla Corte di giustizia Ue se il progetto andasse avanti. E definisce “di gravità inaudita” le frasi di Meloni sulla Corte dei Conti, una “minaccia agli organi costituzionali del nostro Paese, una dichiarazione che rappresenta un colpo alla democrazia”. Per Marco Simiani, capogruppo Pd in Commissione Ambiente della Camera, la decisione “conferma quanto denunciamo da tempo: troppe irregolarità, troppe forzature. Gravissimo e ignobile che Salvini attacchi la Corte invece di assumersi le proprie responsabilità. Meloni e Giorgetti prendano immediatamente le distanze da queste parole e da questo modo di fare: un atteggiamento spregiudicato e irresponsabile”. Filippo Sensi giudica la “furia scatenata di Meloni e Salvini” un “antipasto di cosa sarà la campagna referendaria, un regolamento di ponti”.
“Oggi è il giorno epocale in cui la propaganda si scontra con la realtà e ne esce sconfitta” ha detto Barbara Floridia (M5s), presidente della commissione di Vigilanza Rai. Per Floridia “adesso è arrivato il momento di chiudere questa storia e di dare risposte concrete ai cittadini. Proprio in questi giorni ho depositato un’interrogazione per chiedere quanti soldi sono stati già buttati in questa storia. È tempo – ha aggiunto – che chi ha supportato questa assurdità paghi, e soprattutto vengano restituiti tutti i soldi tolti a siciliani e calabresi. E Salvini, che da anni prende in giro tutti riempendo di fumo negli occhi chiunque, si dimetta”.



