La Sicilia non è soltanto un’isola. Negli anni è diventata una sorta di cartina di tornasole della serietà dello Stato italiano. Un test ripetuto più volte e, puntualmente, fallito. Qui tutto funziona peggio e costa di più: l’acqua manca ciclicamente, come in territori che ufficialmente appartengono al Terzo mondo e non a uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea; le infrastrutture viarie sono fatiscenti; la rete ferroviaria è lenta, incompleta, spesso a binario unico, con tempi di percorrenza incompatibili con qualsiasi idea moderna di mobilità; l’agricoltura, pur di qualità eccellente, è strangolata da costi energetici e logistici che ne annullano la competitività; il valore aggiunto si crea altrove, perché l’ultimo stadio della filiera produttiva non viene mai realizzato sull’isola. Persino l’attraversamento di pochi chilometri di mare, lo Stretto di Messina, comporta per il trasporto su gomma e su rotaia costi sproporzionati, come se l’insularità fosse una colpa amministrativa da espiare.
Il trasporto su rotaia in Sicilia è un capitolo a parte di questa tragedia quotidiana. Le linee ferroviarie tra i capoluoghi dell’isola sono spesso lente — le velocità effettive oscillano tra i 26 e i 28 km/h —, rendendo disagevoli persino gli spostamenti interni tra città siciliane. Spesso non esistono treni con frequenza adeguata, specialmente nelle ore serali: per chi viaggia dopo le 18:00, la mobilità interna diventa un azzardo.
L’idea — un tempo reale — di raggiungere l’Italia con il treno è sopravvissuta solo in minima parte. Esiste ancora, tecnicamente, il servizio che consente ai convogli di essere caricati su traghetti allo Stretto di Messina e così attraversare il mare per raggiungere il continente: un’unicità in Europa. Ma la bellezza di questo espediente non basta a trasformarlo in un collegamento funzionante: spesso richiede tempi lunghi, coincide con disagi — coincidenza di traghetti, attese, smistamenti — e non rappresenta certo una soluzione dignitosa per chi deve spostarsi per lavoro, studio o per tornare a casa.
In breve: anche per rotaia e mare, la Sicilia resta un pezzo d’Italia separato, penalizzato da vetustà, lentezze e burocrazia — e soprattutto da una latitanza politica strutturale.
In questo contesto, il trasporto aereo non rappresenta un settore tra gli altri, ma una funzione vitale. In un territorio continentale volare può essere una scelta; in un’isola è un diritto. Eppure, proprio in Sicilia, il diritto alla mobilità è stato progressivamente trasformato in una variabile di mercato, subordinata alla sola capacità di spesa individuale. Altro che continuità territoriale.
E dire che la continuità territoriale siciliana non è una rivendicazione politica di parte né un’invenzione polemica. È un principio sancito dallo Stato italiano. L’articolo 135 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 riconosce espressamente l’esigenza di garantire collegamenti adeguati tra la Sicilia e il resto del Paese e autorizza lo Stato a imporre Oneri di Servizio Pubblico sulle rotte da e per l’isola, in conformità al regolamento (CE) n. 1008/2008 [1][2]. La legge non si limita a proclamare buoni principi: consente allo Stato di fare una cosa semplicissima e doverosa, cioè fissare un tetto ai prezzi dei biglietti, garantire un numero minimo di voli regolari e pretendere che i collegamenti siano assicurati tutto l’anno, anche quando non convengono al mercato. Tutto perfettamente legale. Tutto sistematicamente disatteso.
Va detto con chiarezza: questi strumenti non sono rimasti inattuati ovunque. Sono stati applicati, correttamente, sulle rotte da e per le isole minori siciliane – Lampedusa e Pantelleria – dove i voli sono garantiti tutto l’anno e le tariffe sono calmierate [3]. Più recentemente, sono stati estesi allo scalo di Comiso, con tariffe fisse e predeterminate verso Roma e Milano a partire dal novembre 2025 [4]. Tuttavia, il cuore della Sicilia – Palermo, Catania, Trapani – da cui si muove la stragrande maggioranza dei cittadini siciliani, resta escluso. Proprio le rotte decisive, Palermo–Roma, Catania–Milano, Palermo–Milano, sono state lasciate integralmente al mercato [5]. La continuità territoriale, così, esiste soltanto a macchia di leopardo: tutela alcuni territori e ne abbandona altri. Figlie e figliastri.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti ed è ampiamente documentato. Tornare in Sicilia nei periodi di maggiore domanda significa affrontare aumenti tariffari che nulla hanno a che vedere con il costo reale del servizio. Secondo i dati diffusi dalle associazioni dei consumatori, nel periodo natalizio 2025 su tratte come Milano–Palermo gli aumenti arrivano fino al 900 per cento rispetto alla bassa stagione; Milano–Catania supera il 700 per cento; Roma–Palermo e Roma–Catania seguono dinamiche analoghe [6]. Anche su collegamenti considerati “secondari”, come Torino–Palermo o Pisa–Catania, nei periodi di punta si raggiungono cifre prossime ai 500 euro per un viaggio di andata e ritorno [7]. Il paradosso è ormai grottesco: in diversi casi conviene fare scalo all’estero anziché volare direttamente in Sicilia, come ha documentato anche la stampa nazionale [8].
Non si tratta di un’anomalia occasionale, ma di un meccanismo strutturale. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato lo ha certificato con l’indagine conoscitiva sugli algoritmi di prezzo nel trasporto aereo. Nei periodi di domanda rigida e poco elastica – studenti fuori sede, lavoratori pendolari, famiglie che rientrano per necessità – i prezzi subiscono impennate significative, favorite anche dalla saturazione degli aeroporti di Palermo e Catania, entrambi classificati come scali “coordinati” [9]. L’Antitrust non ha individuato forme sistematiche di profilazione individuale, ma ha segnalato una grave opacità nella formazione delle tariffe e una dinamica di mercato che penalizza direttamente il diritto alla mobilità [10].
Il tutto si inserisce in un mercato domestico sempre meno concorrenziale. Oltre metà dei passeggeri dei voli interni è oggi concentrata su un solo grande vettore low-cost, affiancato da pochi altri operatori, con evidenti situazioni di monopolio o quasi-monopolio su diverse rotte [11]. In queste condizioni, parlare di libera scelta del consumatore è un esercizio retorico: non è il passeggero a decidere, è l’algoritmo a stabilire quanto può pagare prima di rinunciare.
Di fronte a questo scenario, lo Stato centrale porta una responsabilità primaria e non eludibile. È lo Stato che deve applicare integralmente la normativa già esistente, imponendo Oneri di Servizio Pubblico sulle rotte principali da e per la Sicilia, fissando tariffe massime valide tutto l’anno, garantendo frequenze minime e vigilando seriamente sugli obblighi di servizio. Non servono nuove leggi: serve la volontà politica di attuare quelle che già ci sono.
Ma altrettanto grave è la responsabilità del Governo regionale siciliano, che ha rinunciato a una battaglia politica vera. Ha scelto la via più comoda: la gestione del disagio attraverso il cosiddetto “bonus caro-voli”. Rimborsi del 25 per cento, elevabili al 50 per alcune categorie, presentati come soluzione strutturale [12]. In realtà si tratta di misure temporanee, limitate da plafond di spesa, riservate ai residenti, che lasciano scoperti migliaia di siciliani che vivono e lavorano fuori dall’isola e che rischiano di essere assorbite dal sistema tariffario senza incidere sui prezzi di base [13]. È l’intervento pubblico che non corregge l’ingiustizia, ma rischia di finanziarla.
La Regione, invece, dovrebbe pretendere l’attuazione piena della continuità territoriale, cofinanziandola come previsto dalla legge, e smettere di usare i bonus come surrogato dei diritti. Dovrebbe assumere un ruolo politico forte, non limitarsi a una gestione amministrativa dell’emergenza.
Alla luce di questo fallimento su più fronti — su rotaia, su strada, per mare e per cielo — le responsabilità politiche sono, dunque, chiare e nette.
In sintesi,
Lo stato deve:
attivare immediatamente su tutte le rotte strategiche siciliane il regime di OSP previsto dalla legge, con tariffe massime, frequenze minime e operatività tutto l’anno;
finanziare, insieme alla Regione, un piano di ammodernamento delle ferrovie siciliane, con potenziamento delle velocità, aumento delle corse, revisione della rete, in modo che il treno torni a essere un’opzione dignitosa anche per chi vive sull’isola;
garantire la funzionalità operativa effettiva dell’attraversamento ferroviario + traghetto sullo Stretto di Messina, migliorando logistica, puntualità, comfort, tempi di transito e connessioni, affinché non resti un residuo storico ma una reale infrastruttura di collegamento con il continente;
La Regione Siciliana deve:
pretendere che lo Stato attui la continuità territoriale in modo pieno e strutturale, non accontentarsi di bonus-tampone;
cofinanziare seriamente un piano di ammodernamento, manutenzione e rilancio delle ferrovie e del trasporto pubblico interno, per ridurre il ricorso esclusivo all’aereo;
promuovere trasparenza, monitoraggio e diritti di mobilità per tutti i siciliani, indipendentemente dalla condizione economica o dalla residenza attuale, riconoscendo che la mobilità non è un privilegio, ma un diritto;
Quando tornare a casa — via mare, via rotaia, via cielo — diventa un lusso, non sono i prezzi a essere in crisi. È lo Stato che abdica al suo ruolo. È la Regione che si accontenta di toppe amministrative. È un sistema che sacrifica la dignità e la coesione territoriale sull’altare della “libertà di mercato”.
La Sicilia non chiede privilegi. Chiede che vivere su un’isola non significhi essere condannati a pagare di più per il solo fatto di esistere. Finché questo principio non sarà rispettato, la continuità territoriale resterà un enunciato vuoto e il diritto alla mobilità un lusso per pochi: per quelli che possono permetterselo.

(Vicky Amendolia)

Bibliografia
[1] Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 135 – Gazzetta Ufficiale
[2] Regolamento (CE) n. 1008/2008 sul trasporto aereo
[3] Decreti ministeriali OSP Isole minori – Gazzetta Ufficiale / Ministero Infrastrutture
[4] D.M. n. 166/2023 – ENAC, rotte Comiso–Roma/Milano
[5] Regione Siciliana, documentazione continuità territoriale
[6] Codacons, comunicati su caro-voli Natale 2025
[7] ServireSciacca, monitoraggio tariffe aeree Sicilia
[8] la Repubblica, inchiesta su voli Italia–Sicilia con scalo estero
[9] AGCM, Indagine conoscitiva IC56 – Rapporto preliminare 2024
[10] AGCM, Comunicazioni 2025 su algoritmi e trasparenza tariffaria
[11] Corriere della Sera, dati mercato voli domestici
[12] Regione Siciliana, misure “Bonus caro-voli”
[13] Regione Siciliana, limiti e plafond rimborsi residenti



