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“Come acqua aderisco a tutte le forme”. Il Trasformismo Politico in Italia: Trent’Anni di Evoluzioni e Contraddizioni.

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Cambi di bandiera e fragilità Istituzionali, ideologie svanite e interessi personali, instabilità, sfiducia e frammentazione del panorama politico italiano. Un filo rosso di trent’anni di storia italiana.

Il trasformismo politico  in Italia è un fenomeno complesso che ha radici profonde che si sviluppano dal 1882 con Agostino Depretis ed ebbero il più grande attuatore in Giovanni Giolitti agli inizi del ‘900. Questo fenomeno in Italia ha avuto lungo corso ed ancora oggi sopravvive come metodo infallibile per mantenere saldo un governo.

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Negli ultimi trent’anni, si è adattato ai mutamenti della società e del panorama politico caratterizzando la scena politica a causa dell’assenza di partiti organizzati e poco solidi, utilizzati per lo più come meri contenitori con leader, molte volte capi (sic!), che gestiscono l’andamento del partito stesso, scegliendo anche chi deve essere eletto.

L’arte di “cambiare bandiera” o di ridefinire la propria posizione politica è stata una costante del sistema italiano, contribuendo a plasmare governi, coalizioni e partiti.

La prevalenza di interessi personali su quelli collettivi, la scarsa fedeltà programmatica, l’opportunismo politico e la centralità del singolo leader, sono le caratteristiche principali del trasformismo.

La fine della Prima Repubblica e l’esordio del trasformismo moderno

Il luogo politico principale dove si esprime il massimo livello di trasformismo è il cosiddetto “Centro”, cioè quell’area moderata della politica italiana che non ha appartenenze ideologiche nette e che si colloca tra gli schieramenti di destra (conservatori) e di sinistra (progressisti). Il centrismo non avendo appartenenze ideologiche nette è il terreno più fertile in cui il trasformismo può prolificare facilmente Per quasi 50 anni questo spazio è stato autorevolmente occupato dalla Democrazia Cristiana e dai suoi storici alleati (PRI, PLI, PSDI).

Negli anni ’90, a seguito di “Tangentopoli”, viviamo il disgregamento della cosiddetta “Prima Repubblica” e dei partiti che ne avevano fatto la storia, aprendo una nuova stagione politica segnata da incertezze e riorganizzazioni. La dissoluzione dei partiti storici (DC,PCI,PSI) lasciò un vuoto che fu colmato da nuove formazioni politiche e nuovi attori, ma anche da vecchie figure che “cambiarono bandiera” rigenerandosi per sopravvivere politicamente.

Uno dei movimenti più importanti fu Forza Italia, creato da Silvio Berlusconi nel 1994, movimento che riuscì ad attrarre ex democristiani, liberali e socialisti, personalità di diversa estrazione politica sotto lo stesso simbolo. Parallelamente, la sinistra italiana si riorganizzò attorno al Partito Democratico della Sinistra (PDS) e, successivamente, ai Democratici di Sinistra (DS).

In questo periodo, il sistema politico si è progressivamente strutturato attorno a due poli principali, il cosiddetto “Bipolarismo”:

  • Centro-destra (Casa delle Libertà)
  • Centro-sinistra (L’Ulivo)

I continui passaggi di parlamentari da un partito all’altro, la nascita di tanti piccoli partitini e gruppi parlamentari, le alleanze variabili e per lo più strumentali, hanno di fatto generato un trasformismo dilagante.

Negli anni 2000, il trasformismo divenne strutturale. Le coalizioni guidate da Berlusconi o dal centrosinistra (con Romano Prodi, Massimo D’Alema e Walter Veltroni) furono spesso costruite su compromessi fragili, unendo partiti con visioni ideologiche divergenti. Questa debolezza si rifletté in governi instabili e in continui cambi di alleanze.

Il Parlamento divenne teatro della politica del “cambio bandiera”. Deputati e senatori passavano da uno schieramento all’altro, non per motivazioni ideologiche ma per interessi personali o per opportunità. Questo fenomeno portò a coniare il termine “responsabili” per indicare quei parlamentari pronti a sostenere governi in difficoltà, sicuramente una stagione politica caotica e inguardabile dal punto di vista morale.

Negli anni a seguire, la “Seconda Repubblica” è stata segnata dalla crisi dei partiti tradizionali, dall’ascesa dei movimenti antisistema, dalla crescente instabilità governativa e dalle frequenti “trasmigrazioni” dei parlamentari tra i vari partiti. La moltiplicazione dei gruppi parlamentari, la nascita di partiti personali, l’erosione delle ideologie tradizionali e le alleanze mutevoli hanno visto il mondo politico attuale trasformarsi completamente.

Il Movimento 5 Stelle e il paradosso del cambiamento

La nascita del Movimento 5 Stelle (M5S) nel 2009 sembrava rappresentare un antidoto al trasformismo, perché appariva come un movimento nato per rompere con i partiti tradizionali e con i loro compromessi. Tuttavia, la crescita del M5S e il suo ingresso nei governi dal 2018 in poi hanno rivelato un’altra forma di trasformismo, molto più strutturale e finalizzato al governo ad ogni costo. Prima il “Trasformismo” era generato da singoli passaggi parlamentari, adesso sono i partiti che si muovono per restare saldamente al governo: “come acqua aderisco a tutte le forme”, passando dall’alleanza con la Lega di Matteo Salvini nel governo Conte I, all’alleanza con il Partito Democratico e altre forze di sinistra nel Conte II, per poi sostenere anche il governo tecnico di Mario Draghi, assieme a quasi tutti i partiti ed i gruppi parlamentari esistenti (escluso Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni). Questa capacità di adattarsi a scenari diversi, pur mantenendo una retorica anti-sistema, ha suscitato critiche e accuse di incoerenza.

Il trasformismo nell’era Meloni

Il trasformismo politico non è scomparso neanche con l’arrivo al governo di Giorgia Meloni nel 2022. Anche Fratelli d’Italia, che si presenta come forza coerente e identitaria, ha accolto figure provenienti da altri schieramenti, consolidando il proprio potere. Allo stesso tempo, l’opposizione ha mostrato segni di frammentazione e fluidità. Partiti come Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda hanno cercato di posizionarsi come alternative centriste, attirando figure scontente sia a destra che a sinistra ma dopo il definitivo fallimento politico ed elettorale alle recenti elezioni europee, l’unico partito realmente di centro rimasto sul campo è quello di Forza Italia, che negli ultimi periodi sta riscuotendo sempre maggior attenzione e consensi da parte dei moderati italiani che si collocano al centro. Ed è proprio all’interno di questo contesto politico che si inserisce la deriva trasformistica ed opportunistica. Un caso emblematico è quello di Matteo Renzi, leader di Italia Viva che per tentare di sopravvivere è riuscito a rinnegare tutto ciò che ha detto negli ultimi anni sposando le tesi dei suoi vecchi amici di centro sinistra: Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli.

Le conseguenze del trasformismo

Il trasformismo politico ha contribuito a una crescente disillusione dei cittadini verso la politica, percepita come distante e poco coerente. La mancanza di una chiara visione ideologica e l’eccessiva personalizzazione dei partiti hanno favorito l’astensionismo e la sfiducia nelle istituzioni. Il trasformismo politico è una caratteristica intrinseca della politica italiana, che negli ultimi trent’anni si è manifestata con forza e in forme sempre nuove. Se da un lato è stato un elemento di stabilità in un sistema complesso, dall’altro ha alimentato la sfiducia dei cittadini, rendendo urgente una riflessione sul futuro della politica italiana e sulla necessità di recuperare credibilità e trasparenza.

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