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Economia: in Sicilia il 2024 un anno da incorniciare

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Segno positivo su quasi tutti i fondamentali e non poteva andare diversamente sul fronte degli investimenti nelle attività produttive.

Sono infatti ben 464.570 le aziende siciliane iscritte al sistema camerale, praticamente una ogni poco più di 10 abitanti dell’Isola, con un incremento del +0,47% rispetto al 2023. Cresce anche il numero delle imprese attive sul mercato, 374.710 (+0,59%), e risulta positivo il saldo fra le nuove iscrizioni, 21.630 (+4,56%) e le cessazioni, 19.411 (+4,10%), con un attivo di ben 2.210 nuove attività.

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A crederci di più nel 2024 sono stati gli imprenditori palermitani, che hanno fatto segnare quota 103.031 imprese registrare in camera di commercio (+0,78%), mentre quelle attive salgono a 80.529 (+0,99%). Positivo anche il saldo tra nuove aperture e chiusure che vede ben 799 imprese in più sul territorio. Grande dinamismo sul fronte economico, come da tradizione, si registra a Catania, dove si contano 98.958 imprese iscritte (+0,26%) – molto vicina ormai la soglia psicologica delle 100.000 – e 80.103 attive (+0,34%). Con un saldo positivo di ben 275 imprese, risultante dalle 5.048 nuove iscrizioni (+4,82%) che compensano ampiamente le 4.773 cessazioni (+4,56%).

La provincia di Messina si colloca sul terzo gradino del podio con 62.979 realtà iscritte nel registro camerale (+0,33%) a fronte di 47.871 (+0,43%) effettivamente attive. Sono state 2.556 (+4,07%) le nuove iscrizioni a fronte di 2.349 cessazioni (+3,74%), per un saldo attivo di 207 nuove realtà. Un trend che si conferma nelle altre province siciliane, con Trapani appena giù dal podio, seguita da Agrigento. Unico neo, la provincia di Enna che chiude un 2024 in discesa per una contrazione degli investimenti sul territorio. Segno meno per le imprese iscritte, 15.064 (-0,36%), così come per quelle attive, 13.222 (-0,42%), e persino per il saldo tra aperture e chiusure che fa segnare una perdita di 55 realtà produttive. Numeri piccoli, certamente, ma che per un territorio con fragilità possono rappresentare un problema non indifferente.

Tutto sommato tiene l’Artigianato, contrariamente a quanto accade in altre regioni. Anche perché l’investimento in proprio, in alcune zone dell’Isola, rappresenta di fatto l’unica soluzione alla mancanza di un lavoro ben stipendiato. Sul totale di 464.570 imprese registrate in Sicilia, 70.894 (+0,01%) sono artigiane e quasi tutte, 69.959 (+0,01%), risultano attive. Un dato praticamente invariato rispetto al 2023, ma si contano 10 aziende in più. Segno rosso, sul fronte dell’artigianato, in provincia di Messina, dove si perdono 86 ditte, dato compensato da Palermo che ne conta 87 in più. Profondo rosso anche a Caltanissetta (-55 aziende), Enna (-17) e Catania (-3). Agrigento e Ragusa, invece, contano rispettivamente 47 e 36 aziende artigiane in più.

Piccolo è bello – Dal punto di vista della forma societaria, in Sicilia resiste il “piccolo è bello”. Ben 261.738 sono infatti le imprese individuali e da sole rappresentano il 56,3% dell’intero tessuto economico siciliano. Soltanto 124.116 (+3,55%), invece, le società di capitale iscritte nel 2024, ma appena 83.548 (+5,10%) sono quelle che risultano attive. Una differenza notevole, un buco nero che nasconde difficoltà di diversa natura per le imprese in questione. Ma sono comunque in molti a scommettere sul futuro, visto che le nuove iscrizioni di società di capitale sono state 6.688 (+5,57%) a fronte di 2.424 cessazioni (+2,02%) e un saldo positivo di 4.264 realtà. A fare la voce grossa in materia è Catania, 29.462 (+3,30%) società, seguita da Palermo con 28.256 (+3,45%) e Messina con 17.225 (+3,17%). In totale le società di capitale rappresentano poco più di un quarto (26,7%) della realtà economica siciliana.

Le attività economiche – Più di un quarto dell’imprenditoria siciliana è rappresentata dai commercianti, sia al dettaglio che all’ingrosso, con ben 121.714 aziende registrate alla fine del 2024. Palermo conta il maggior numero di imprese, 30.294, Catania segue con 28.006, staccatissima, in terza posizione, Messina con 15.922 realtà commerciali.
Ben nota è la vocazione agricola della Sicilia, così come i prodotti di assoluta eccellenza spediti in tutto il globo. L’intero comparto primario isolano – agricoltura, allevamento e pesca – conta oggi 75.913 imprese in stragrande maggioranza a conduzione individuale. Catania con 12.994 aziende e Trapani con 12.072 sono le province con il maggior numero di imprenditori, seguite da Agrigento con 10.310.
In terza posizione si colloca l’edilizia, 53.059 le partite iva in attività, dato che comprende tutto il comparto: dalle costruzioni all’ingegneria civile. Ed è ancora Catania a guidare la classifica con 11.156 imprese del settore, seguita da Palermo con 10.593 mentre Messina si ferma a quota 8.609.
In una importante realtà turistica come quella siciliana, il settore della ristorazione conta 27.339 imprese registrate, ma il numero di attività presenti sul territorio è certamente superiore poiché molte società controllano più ristoranti. A guidare la classifica delle cucine è Palermo (6.238 aziende), seguita da Catania (5.301) e da Messina (4.181)

Numeri più contenuti, infine, per le attività alberghiere e di alloggio che fanno capo a 4.891 imprese registrate in camera di commercio. La prima piazza è occupata sempre da Palermo con 996 realtà del settore, ma in seconda posizione Messina con 871 aziende supera Catania che si ferma a 778. Ai piedi del podio la provincia di Trapani con 717 imprese alberghiere.

Dentro i numeri – La crescita del numero di imprese che operano in Sicilia – anche se limitata in termini percentuali – è certamente un dato positivo che autorizza a brindare con qualcuno dei migliori vini isolani, ma è bene non perdere di vista alcuni fattori di debolezza strutturale. A cominciare dalla carenza di imprese di grandi dimensioni, tanto che più della metà (56,3%) delle 464.570 imprese registrate sono addirittura a conduzione individuale. Troppo ampia è inoltre la forbice tra imprese registrate in camera di commercio (464.570) e aziende che risultano effettivamente attive (374.710): oltre 90mila realtà nel limbo, fra difficoltà economiche e altri problemi che impediscono di fatto la realizzazione dello scopo sociale. Infine, non andrebbe sottovalutato il dato delle chiusure delle attività produttive (19.411), anche se più che compensato dalle nuove iscrizioni (21.630). Non solo perché il dato è elevato in senso assoluto, ma anche perché continua il trend al rialzo con un +4,10% rispetto al 2023. Numeri che manifestano certamente difficoltà di carattere economico per le imprese che sono state costrette ad abbassare la saracinesca, ma anche problemi di altra natura come le difficoltà dettate dalla mancanza di ricambio generazionale – tipiche delle imprese artigiane e in generale di quelle che sono a conduzione individuale – e dalla perdita, soprattutto nelle città, dei negozi di vicinato.

(Ettore Iacono)

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