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70° anniversario della Conferenza di Messina: l’Europa non abita più qui?

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Messina e Taormina al centro dell’Unione Europea, come fu nella Conferenza del 1955.

A 70 anni di distanza, sarà il ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani a presiedere le celebrazioni per l’anniversario della Conferenza Messina- Taormina, organizzata dal Ministero degli Esteri, dalla Regione Siciliana, dai Comuni di Messina e Taormina e dal Festival Taobuk. Presente anche il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani.

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A questo evento parteciperanno i rappresentanti di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, dei paesi candidati ad un prossimo ingresso e della Istituzioni europee.

La celebrazione è iniziata con momento commemorativo dedicato alla figura di un grande messinese, Gaetano Martino, il rappresentante italiano alla Conferenza del 1955.

Torniamo un po’ alla storia: nel 1955 si riunirono a Messina i rappresentanti delle sei nazioni facenti parti della CECA (Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio): Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.

L’obiettivo principale era sempre quello di evitare che ci fossero altre guerre in Europa, ma poco prima della Conferenza di giugno, la Francia aveva bocciato l’idea messa in campo di creare una difesa comune (CED), problema che vediamo ripetersi da 70 anni e che non si è stati in grado di risolvere e che probabilmente non si risolverà mai, anche se ultimamente si parla di “ReArm Europe”.

Da questa conferenza però, furono gettate le basi per i successivi trattati di Roma del 1957 che ci portarono al mercaro comune, all’euro e all’Unione Europea che conosciamo oggi, formata da 27 paesi e con diversi altri che prossimamente potrebbero aggregarsi.

A 70 anni di distanza, probabilmente si prova a rilanciare, quantomeno simbolicamente, il progetto di quell’Europa che ancora oggi sembra in uno stato embrionale, un’Europa già vecchia, ma forse mai saggia.

Ma ancora il popolo è disposto a credere a questo sogno, o il sogno è diventato con il tempo un incubo?

Siamo arrivati in un periodo in cui il progetto è diventato logoro o ancora siamo convinti che sia solo incompleto?

Oggi viviamo in un Europa grande dove esiste una burocrazia mastodontica, dove esistono tanti popoli, culture, tradizioni, che parla tante lingue e raramente con una sola voce.

Regole economiche rigide, politiche insufficienti, per non parlare della politica estera dove ognuno pensa per se, anche se ogni tanto escono in giro i “Volenterosi”, ma di fatto l’UE è quasi sempre spettatrice (vedi le guerre in Ucraina, Gaza e adesso Iran).

Non siamo uniti neanche sulle politiche ambientali, tecnologiche e sull’immigrazione.

Ma effettivamente pensiamo che i cittadini europei si sentano europei proprio come era il sogno che cominció a Messina nel 1955?

A mio parere siamo in presenza di una crisi di fiducia e soprattutto di visione, maggiormente negli ultimi anni dove i rappresentanti dei paesi più grandi non godono di autorevolezza né interna né all’estero (Macron docet).

Nei vari paesi vediamo la cavalcata dei partiti conservatori che a volte sono anche estremisti di destra, basti pensare all’AfD tedesco che cresce costantemente, al RN in Francia che è a due passi dal potere, dall’Ungheria, Romania e via discorrendo in tutti i paesi europei, compresa l’Italia dove il centrodestra è ben saldo al governo. Uno scenario che smonta quella che è la fiducia rivolta all’Europa, ed è anche una cosa normale, perché il popolo è stato dimenticato dalla burocrazia europea che combatte su cose effimere perdendo di vista i problemi veramente importanti, per esempio, Israele attacca l’Iran e il Parlamento europeo nel frattempo legifera su delle cose attinenti ai cani e ai gatti, precisamente sul benessere degli animali domestici, giusto anche quello, ma in questa fase storica vi sembra una cosa normale?

Serpeggia un senso di stanchezza verso un’Europa inefficace e lenta.

Nel 1955 l’Europa era un progetto rivoluzionario,  un sogno dei popoli, ma oggi rischia di essere un’istituzione senza anima, che fatica a crescere e dare risposte e che soprattutto perde continuamente consenso tra la gente.

I cittadini chiedono altro, non l’imposizione delle politiche “Green”, per esempio, ma sicurezza, lavoro, identità, giusrizia sociale.

Quella di oggi sembra proprio un paradosso, “un’Unione senza unione”

Forse cerchiamo il nemico comune da cui difenderci (Russia), come fu nel ’55 (Unione Sovietica)?

Ma si può immaginare di abbandonare questo progetto europeo, ritornando al frammentato continente che era prima?

Una cosa è certa, il popolo chiede di cambiare rotta e non sono le cerimonie che rilanciano i sogni dei grandi padri fondatori di questo sogno europeo.

Forse si può ricominciare da Messina e Taormina, la conferenza del 2025 potrebbe essere l’occasione per una vera riflessione, ma attenti a non ricominciare dalla Conferenza del 1955, perché non ci sono più gli uomini e le condizioni di quel tempo. Adesso serve un’ Europa meno buracratica, più democratica e più vicina ai popoli. Non basta avere più Europa, ci vuole un’Europa diversa, che riesca a far sognare il popolo.

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