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Messina. Sullo sfondo dell’attentato Antoci la “misteriosa” morte di due poliziotti nel libro-inchiesta “Mascariati” di Basso e Bertè: riapertura delle indagini?

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Ospiti del segretario generale della UIL di Messina, Ivan Tripodi, alla sede di Viale S. Martino 146, Enzo Basso e Fabrizio Bertè hanno presentato “Mascariati”, edito da “Città del Sole Edizioni” di Franco Arcidiaco.

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Ci sarebbero gli estremi, emerge nel libro-inchiesta dei giornalisti Basso e Bertè, per una riapertura delle indagini sulle morti, avvenute nel 2018, a poche ore di distanza l’una dall’altra, di Tiziano Granata e Rino Todaro, due poliziotti del Commissariato di Sant’Agata Militello, che hanno avuto a che fare con l’attentato del 2016 all’ora presidente del Parco dei Nebrodi, oggi europarlamentare 5Stelle, Giuseppe Antoci.

Due morti bianche, dice il segretario generale UIL Tripodi, al tavolo con evidente trasporto, insieme all’editore Arcidiaco, sulle quali sarebbero opportuni supplementi di indagine, al fine di poter escludere l’eziologia con il lavoro, senza i dubbi che traspaiono dal libro.

Dubbi, scaturiti dal fatto che – si legge – la storia di Todaro e Granata, medaglie d’oro al valore militare, “mascariati” con un  “tritacarne di sospetti che alla fine li ha fiaccati nell’animo e bel fisico”, sarebbe stata raccontata diversamente da una “tronfia pubblicistica” sull’attentato, sebbene – secondo gli autori – vi sarebbero irregolarità delle indagini sulle cause della morte, da sanare con la riapertura del processo.

Eventualità non esclusa dal procuratore di Patti, Angelo Cavallo, “di fronte a fatti nuovi ed imprevisti”, elementi che Basso e Bertè individuano essere nelle “opacità sulla perizia medico-legale di Tiziano Granata, rilevate da un tecnico di lungo corso come l’anatomo-patologo Luigi Gaetti”, che l’accademico milanese, già sottosegretario al Ministero dell’Interno del governo Conte, bolla con un giudizio lapidario “una perizia molto superficiale”.

Granata è testimone dei fatti in quanto, come componente della scorta di Antoci, giunge per primo sul luogo dell’attentato, sulla SS 289 in località Casello Muto di San Fratello, mentre Todaro subito dopo  per le indagini.

Ma contro di loro “esposti anonimi” e “veleni” – secondo gli autori – al fine di screditare la loro versione, qualora fosse stata contraria al copione dell’attentato mafioso contro l’uomo che in quel momento doveva rappresentare la punta di diamante dell’ “Antimafia” di Antonello Montante: Giuseppe Antoci.

Ma il “mascariamento” ha riguardato anche Centonove e l’Espresso, cioè quei giornalisti che “hanno una caratteristica – si legge -: nessuno li paga, se non la loro coscienza, e non hanno paura di chi velatamente li minaccia. Perché il loro vero padrone è solo uno: la coscienza critica”.

Nel libro qualche battuta ironica e alcuni cenni storici alleggeriscono la trama, che vede contrapposti la Commissione Regionale Antimafia alla Magistratura, la cosiddetta Antimafia ai giornali più critici, i carrieristi ai servitori dello Stato e della Verità, con sullo sfondo un territorio, quello dei Monti Nebrodi, anch’esso “mascariato” – è emerso – da parte di chi invece avrebbe il compito di valorizzarlo, eventualmente anche attraverso i nove strumenti indicati da Basso e Bertè.

L’incontro è stato brillantemente moderato dal giornalista Eduardo Abramo, che ha anche discusso con gli autori, insieme a Michelangelo Di Stefano, già Consigliere Commissione Parlamentare Antimafia, e Paolo Vermiglio, presidente Ordine degli Avvocati di Messina.

Tra il numeroso pubblico, il segretario UIL Pensionati, Pippo Calapai, e il responsabile provinciale Area Medica UIL-FPL, Paolo Todaro.

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