19.8 C
Milazzo

Il Ministro Giuli a Naxos Legge con il suo ultimo libro “Antico presente”

Pubblicato il :

Viaggio nel sacro vivente – Una via alternativa e segreta per conoscere attraverso un” Viaggio Carsico” il nostro passato eternamente “presente”.

Un libro coinvolgente e profondo che svela l’Antico ed i suoi riti come paradigma di ciò che viviamo ogni giorno nei gesti, nei contesti e nelle forme di conoscenza.

 

- Advertisement -

Il 22 Settembre alle ore 18:00, al Delta Hotel Marriott di Giardini Naxos, per la XV edizione del Festival di Naxos Legge, alla presenza del Ministro stesso e di un pubblico scelto e consapevole, è stato presentato il libro del Ministro della Cultura Alessandro Giuli. Presenti il Sindaco Giorgio Stracuzzi, il Capo di Gabinetto Assessorato ai BBCC e Identità siciliana e Fulvia Toscano, Assessore alla cultura di Giardini Naxos. Sono intervenuti Sandro Consolato Saggista, Massimo Cultraro Dirigente di ricerca CNR-Ispe Catania, Daniele Malfitana Presidente Scuola Superiore Univ. Di Catania e membro del Consiglio Superiore BBCCPP-MIC., Alberto Cardillo capo di gabinetto dell’Assessorato dei beni culturali, le Istituzioni ed il viceprefetto della città di Messina Cosimo Gambadauro. Un saluto speciale è stato tributato a Valerio Santoro direttore del Teatro “Biondo”, Teatro Stabile di Palermo. Moderatore speciale Alberto Samonà, ex Assessore ai Beni Culturali ed identità siciliana, giornalista, scrittore e Membro del CdA Parco Archeologico del Colosseo. Ha curato le letture Elio Crifò, Attore e Regista.

La presentazione del libro, per i suoi insoliti contenuti, è un’occasione per riflettere sull’importanza di una realtà che apre nuove dimensioni del pensiero e dello spirito, attraverso le quali si viene coinvolti in un’epifania che permette di leggere il presente per mezzo degli archetipi del passato storico e religioso, artistico, riappropriandosi della dimensione umana e sovrumana che rinnova il senso dell’esistenza.

Dopo i saluti  A. Samonà, apre l’evento e si è da subito espresso sulla forte e significativa presenza delle vestigia del passato esistenti e consistenti non solo nel patrimonio nazionale, ma anche nei depositi siciliani in cui si  hanno reperti di varia e significativa provenienza a testimoniare la ricchezza archeologica della nostra isola, e ha reso noto l’interesse e l’impegno profuso dal Ministro Giuli affinché siano al più presto fruibili al vasto pubblico e trovino una loro giusta collocazione; concetto questo ribadito, poco dopo anche dal Capo di Gabinetto Assessorato ai BBCC e Identità siciliana Alberto Cardillo; Fulvia Toscano direttrice artistica di Naxos Legge, ha ringraziato il Ministro per aver accettato il suo invito, tutti i componenti dello staff del Festival e ha ricordato come l’Antico Sacro nelle varie sue declinazioni, ci offra la possibilità di leggere e decodificare  il presente, argomento che Giuli espone raccontando la storia e molto altro, nel suo libro. La direttrice artistica ricorda che, con estrema lungimiranza, aveva già premiato Giuli, non ancora Ministro, con il Premio “Comunicare l’Antico” nel 2023, sottolineando che, se Giuli è giunto all’antico, vi è arrivato per ”Antico amore”. A questo “antico amore”, il Ministro, allora giornalista RAI, ha dedicato dal 2021 al 2022, un’interessante trasmissione che andava in onda in tarda serata  dal titolo: “Vitalia”; Samonà, riprende la parola e afferma che l’Antico è il paradigma di ciò di cui spesso parliamo o agiamo e che abbraccia una dimensione che c’è sempre stata, ovvero esso è in spirito, onnipresente. L’Antico è presenza viva, manifestazione del Sacro nel nostro piano d’esistenza. Mito, simbolo e rito interagiscono, come avrebbe ricordato Renè Guenon, secondo gli studiosi del Sacro e dell’Antico, in ogni momento con l’azione quotidiana e ad essa sono connessi.

Il libro-racconto-saggio a tratti-testamento etico e soprattutto manifesto del suo pensiero sull’antico e di molti, è pregno di constatazioni e meditazioni, di “verità rivelate” alla sua coscienza attraverso lo studio dell’antichità. Il Sacro è una dimensione dalla quale non si prescinde e che ci accompagna, così come l’Antico non è soltanto storia, ma è presenza viva, ierofania del Sacro. Questo scritto, continua Samonà, rivela come il Sacro si manifesti e come non abbia solo un significato estetico, esteriore a quanto indichi con la sua presenza, poiché nell’Antico è contenuto il Sacro che lo ha generato. Esso ci appartiene. Oggi noi siamo frutto di ciò che siamo stati e siamo già ciò che verrà dopo di noi. È dunque un processo che è sì, storico, ma anche metastorico, che ci consegna una grande responsabilità per ciò che faremo avvenire in futuro, affonda le radici in una dimensione profonda che rievoca l’ancestrale, il mito e il simbolo che ci ricollegano ad una dimensione archetipica ed analogica; il libro di Giuli, testimonia Samonà, è pregno di tutto questo.

A seguire, l’intervento profondo e limpido del saggista prof. Sandro Consolato, da anni amico di Giuli, esperto di Sacro e di studi delle connessioni tra legami, letteratura, filosofia ed esoterismo che percorre per noi la genesi dell’opera e ricorda come la vocazione al Sacro, all’Antico e ai suoi misteri, fosse già una tendenza quasi innata nella mente e nello spirito dello scrittore giornalista e Ministro, in dall’adolescenza. Sostiene che il titolo è da interpretare in rapporto alla biografia di Giuli che ha lavorato al Foglio dal 2004 al 2016 come giornalista per poi divenirne condirettore. Nel Foglio si era ritagliato uno spazio personale con interi paginoni che non avevano a che fare con la politica e in cui, anche quando scriveva su avvenimenti come ad esempio il terremoto dell’Aquila, lo faceva mettendo in evidenza delle connessioni o dei paradigmi ancestrali. Il libro è in buona parte una rivisitazione di quegli articoli che andarono a costituire gli argomenti della trasmissione Vitalia, andata in onda dal 2021 al 2022, a mezzanotte, per un pubblico che seguiva perché ne comprendeva il contesto ed il contenuto, non da spettatori occasionali o spinti da banale curiosità. La restituzione in forma di libro, di una selezione di quegli articoli, a Consolato piace pensarla come un antico presente, ovvero, ciò che era destinato alla memoria archivistica, torna sulla scena, si rende presente e vivo grazie al giornalista RAI, di allora, che oggi sembra voler dire ai suoi lettori: sono sempre io, quello che parlava di riti, simboli e luoghi dell’anima. Il significato del titolo ci fa a considerare che viviamo in luoghi che riportano le vestigia dei nostri antenati, luoghi come Naxos, Roma, e noi stessi siamo antichi per l’eredità genetica dei nostri antenati, dei popoli che passarono, di quelli che vi restarono e che divennero parte della nostra identità e di cui coltiviamo la memoria culturale, quella alta, ma anche quella bassa, popolare, con le sue feste a cui Giuli ha guardato con molto interesse, ritrovandovi elementi di antichi riti.  Il sottotitolo “Viaggio nel sacro vivente” sta ad indicare che per Giuli tutto ciò che è antico è naturaliter sacro e in quanto tale, si fa ierofania, manifestazione anche nel quotidiano, che si palesa come” sacro vivente”.

Consolato cita, a seguire, Freud che nel suo libro del 1932 “ Il disagio della civiltà”, paragona le tracce di memoria del passato psichico agli strati dei resti archeologici nella topografia dell’antica Roma, trattandovi il tema della conservazione in ambito psichico, ovvero del principio della conservazione, secondo cui, così  come nella vita psichica nulla può scomparire e che in seguito a regressioni di grande portata possono emergere fatti e oggetti “esistenziali”, Freud propone anche in campo archeologico un parallelismo con lo sviluppo della città eterna: dalla Roma quadrata del Palatino a quella delle Mura aureliane, suggerendo l’ipotesi che Roma non sia un insediamento umano, ma un’entità psichica dal lungo passato, in cui nulla di ciò che è andato creandosi si è perduto; dunque è eterna e continuano a sussistere in essa tutte le preesistenti esistenze della città, come fosse collocata in una dimensione atemporale e sacro. Poi richiama il pensiero dell’archeologo Andrea Carandini e di Emanuele Severino, filosofo, purtroppo scomparso. Carandini ha ritenuto di massima importanza la riflessione di Freud e ne ha fatto la base per una sua opera sull’archeologo, come di colui che ha accettato in sé il divario tra la ricchezza della psiche e la misera capacità conservativa del mondo dove tempo e spazio determinano la scomparsa delle cose. Severino invece la ritiene un’ipotesi fantasiosa, sicuramente più congeniale a Giuli, infatti, al di là di ogni nichilismo, è da considerare secondo la teoria dell’Eternità dell’Ente, sia esso città o stato d’animo, che in quanto esistente ed essere, è eterno. Consolato specifica e spiega il pensiero di Severino e considera che a ricostruzione archeologica di Roma è, sì una ricostruzione storica, ma se la Roma quadrata, la Roma del Septimontium, quella delle Mura Serviane, è entrata nel cerchio dell’apparire, ha mostrato di “essere”, pertanto la Roma quadrata, insieme alle altre e a quella di oggi, è eternamente, perché c’è sempre stata. Per comprendere l’approccio di Giuli all’antico, secondo Consolato, bisogna necessariamente tenere a mente l’idea dell’eternità dell’Ente, ed è in primis con Giacomo Boni, archeologo “veggente”, che Giuli menziona nel primo capitolo, che possiamo condividere l’idea che Roma, ma anche Naxos siano siti psichici e materiali ad un tempo. Sono molti i luoghi di questo libro, che “sono” della storia e del Mediterraneo. Giuli, continua Consolato, dopo la sua nomina a Ministro, ha effettuato vari viaggi ricercando le tracce “dell’antico presente “in questi siti. Il prof. Consolato rammenta le parole di un giornalista tedesco che raccontava di posti ove si sentono ancora voci o si respirano atmosfere in cui sembra che il passato sia sempre spiritualmente presente, perché è stato stragico o segnato da avvenimenti dolorosi e cruenti, quindi un antico presente, un entità della morte violenta e analogicamente ci riporta alla mente gli antichi Mani e ammonisce sulla doppia natura del sacro, su come il sacro nella sua antica  ambivalenza sia non solo il “sacer” buono, ma anche ciò che è maledetto, e sacri sono i Mani, residui animici dei morti che possono essere quieti e secondi, o se inquieti, turbativi dei vivi: “sunt aliquid manes” “gli spiriti dei defunti esistono” diceva  Properzio, e questo vale per il “sacer” malevolo dei morti di morte violenta del passato. Tra i luoghi della storia citati nel libro ove Giuli si è recato, vi è Canne dove Annibale sconfisse i Romani compiendo una strage nel 216 a.C.  che è divenuto archetipo di tutti i luoghi di strage, bagnati dal sangue umano, archetipo di stragi ad iniziare da Canne fino a Gaza, e Giuli vi si è recato come incarnazione del potere delle Istituzioni non a caso, ma consapevole della convinzione degli antichi che i riti avessero effetto e rilevanza solo se pubblici; ha dunque voluto recarsi per compiere un rito che placasse quei Mani in veste pubblica, obbedendo ad un Antico Sacro che si faceva presente tramite la sua persona. Non lo ha rivelato, lo ha compiuto; Consolato e chi sa decodificare nel presente le tracce del passato ancora “operanti” comprende il senso profondo di un atto ufficiale che altro non è che un rito benefico che compensa, riconosce, omaggia e dunque placa, grazie alla presenza dello Stato, i Mani della storia. È possibile sfuggire al terrore della storia? È un tema caro a Mircea Eliade, ricorda Consolato. Canne, ci riporta al tema dell’antico presente della morte violenta, ad un archetipo che si ripete e che lascia dietro di sé tracce dell’Ente. Alla stessa maniera vengono ricordati anche altri luoghi, quelli alpini, ad esempio, teatro della Prima guerra mondiale ricordati dal giornalista e scrittore Paolo Rumiz, che crede ai racconti degli abitanti del posto che dicono di sentire voci e lamenti provenienti dalle gallerie di guerra. Similmente avviene in molti altri posti citati da studiosi, in cui si avverte una particolare atmosfera, come se gli spiriti dei caduti fossero ancora lì. Il libro parla anche  di molti altri luoghi, misteriosi e pregni di esistenze ancora parlanti, dialoganti con noi moderni,  uno in particolare su cui si sofferma Giuli è la Basilica Neopitagorica di Porta Maggiore a Roma e sui suoi stucchi raffiguranti mitologie misteriche in cui, dice che “gli iniziati si innalzano oltre le acque del divenire” che poi, sottolinea Consolato, non sono altro che le acque della storia. Non solo, nel testo vengono narrati altri viaggi nel Mediterraneo, l’acqua, direi liquido amniotico della storia per eccellenza, terre ed acque in cui vivono tracce dell’antico, come dice Consolato,” fascinosamente raccontati dal Ministro”.E a proposito  gli sovvengono le parole del giornalista Ivan Lissener con le quali il saggista conclude: “una civiltà passata può dormire, talvolta può sconfinare nel mare dei suoi millenni e dei suoi ricordi, può essere sepolta, schiacciata da masse di terra e di rocce, e tuttavia è in noi, anche se i suoi resti materiali sono ancora da scoprire, anche se sono nascosti o lontani, ma una volta richiamati a noi, tutte le culture vivono in noi e noi viviamo profondamente radicati nel profondo di enigmatiche civiltà che devono però essere spesso richiamate perché hanno la bizzarra tendenza a tacere spesso, e così ad ingannarci come se non fossero più tra noi ed in noi, ma una volta richiamate tornano ad operare, un ricordo, un reperto, ci avvertono improvvisamente della loro tacita presenza, e ci assale allora una strana sensazione come se volessimo piangere, come di un qualcosa che ci è tanto vicino, ma che abbiamo perduto”.

Dopo una sentita pausa di silenzio e riflessione a fine intervento, Samonà complimentandosi con Consolato, sottolinea come sia emerso, anche trasversalmente, un tema “immanente” nel libro che è il tema dell’”energia” che sta in tutte le cose. Seguono altri interventi sull’ archeologia, sugli archeologi e sui temi inerenti al contenuto del libro, soprattutto quello del bontempelliano “realismo magico” citato da Massimo Cultraro, laddove l’uomo sa cogliere nel reale anche l’invisibile, ovvero intende dire, come si mossero gli antichi oltre il tempo e lo spazio del sacro nel contesto mediterraneo. Cultraro, a cui è stata data la parola, fa inoltre riferimento alle religioni che hanno un loro tempo del sacro che è il tempo dei rituali. Un viaggio nell’antico attraverso il sacro nelle sue molteplicità, secondo il Dirigente del CNR, è considerato nel libro anche come richiamo alla dimensione spirituale che, ha superato e deve continuare a superare l’archeologia “economica”, dimentica della dimensione sovrastrutturale, cioè di quella spirituale e dichiara con compiacimento che il libro di Giuli lo riporta a questa dimensione e aggiunge che fa spesso riferimento a nomi di grandi archeologi purtroppo  dimenticati dalla costruzione dell’archeologia postbellica e che a tale proposito ha notato nel testo delle strane e importanti triangolazioni e “interazioni” tra alcuni di questi archeologi del passato.

La parola passa  poi a Daniele Malfitana che analizza il libro dalla prospettiva di chi dirige una scuola di specializzazione di archeologia di terzo livello, cioè da una prospettiva che tenga in conto il metodo della comparazione e delle geometrie del pensiero scientifico, e così facendo pone in parallelo la prefazione di Andrea Carandini ed il prologo dell’autore, e trova in entrambi, una summa straordinaria delle visioni, prospettive e strategie sia di Carandini che di Giuli, come tra maestro ed eccellente allievo, tra loro concordi. Il libro se è ben scritto, ribadisce Malfitana, lo è  perché vi è una salda ricerca alla base, una documentazione non solo letta, ma analizzata  e raccontata  che gli attribuisce una portata di maggior valore : è un vero manifesto; infatti dietro molti termini vi è una strategia dell’opera in cui si racconta scavando, quasi con la metodica dello stratigrafo e Malfitana lo nota anche nella prefazione di Carandini laddove quest’ultimo dice che Giuli adopera termini rivelatori da cui emergono il concetto di indagine, di valorizzazione, inequivocabilmente sorti da una  salda conoscenza scientifica. Nella prefazione Carandini ha sigillato Giuli con il crisma dell’uomo colto, e tale  sigillo  consiste nel fatto che ciò costituisca oggi una stranezza per un uomo appartenente alla nostra odierna classe dirigente; ed è questa virtù, secondo il parere di  Malfitana, a consentirgli come uomo di Stato una gestione eccellente dei grandi temi strategici riguardo ai beni culturali; infatti, dal libro emerge il tema della passione, della narrazione e del saper distinguere il vero dal falso. È lapalissiano che, per tanta competenza, l’opera non sia un testo per tuttologi. Un’ulteriore considerazione del relatore riguarda il tema del contesto, tanto considerato dall’autore, ovvero quell’insieme di componenti che porta a considerare l’Art. 9 della Costituzione che è il contesto in cui Giuli si trova ad operare, e come in tutti i contesti in cui si deve fare ricerca, si deve saper distinguere scientificamente il vero dal falso. Malfitana ricorda che Carandini nella prefazione definisce Giuli giovane, talentuoso, e parla di una sua maturazione, ma nel senso di quanto il Ministro ha già esposto nel suo libro-manifesto comprovato dalla affermazione di Giuli stesso, che  passeggiando sul Palatino nota che si sta sgretolando e avverte con responsabilità e preoccupazione che bisogna intervenire,  quasi, a mio parere, come fosse per un essere vivente in stato di cattiva salute; anche  il tema dei volontari, è stato attenzionato nel libro come risorsa preziosa e oggetto-soggetto di interessamento culturale, di ricerca e persino emotivo o quello di raccontare in tanti modi, per coinvolgere empaticamente,  in modo musicale o  fumettistico purchè racconti l’antico in maniera che raggiunga tutti e che con tutti sia possibile instaurare un reale, diretto e fattivo rapporto tra pubblico e privato; tutto, insomma, trova il suo compimento in  una  gestione e  valorizzazione che il Ministro dimostra di saper attuare al meglio. Il racconto dell’antico che è sempre presente ab aeterno è avvenuto, dunque, anche attraverso una sotterranea esamina di documenti e fatti, che contempla  anche il tema della memoria, e tutto questo  è il risultato di uno scavo lento e meditato avvenuto già durante il periodo di pubblicazione degli articoli del Foglio; un processo che ha reso autentica la sua strategia e che ha contribuito a conferire alla sua opera il carattere di libro-manifesto; un’ indagine paragonata allo scavo delle acque carsiche che creano e trovano sotterraneamente strade nuove e profonde. Il suo “viaggio carsico” tra i beni d’Italia, i riti ed i suoi simboli, è testimoniato ancora  da Malfitano che cita  il prologo di Giuli  di cui Samonà riprende il testo e lo legge al pubblico:- “Se c’è un valore in questa pubblicazione, sta nel fatto che essa rappresenta la possibilità d’un viaggio carsico lungo strade e sentieri poco battuti; quasi un marciare sul posto per accedere in profondità a itinerari ulteriori tracciati da un’antichissima sapienza romana e italica, europea e mediterranea, la cui polla sorgiva non ha mai cessato di sgorgare. Qualcosa di esoterico, forse, nulla d’indicibile”. Come le definisce Samonà sono parole paradigmatiche del concetto del Genio Italico” e Samonà, avverte l’esigenza di chiedere al Ministro che valore possa avere la forza del genio italico o la possibilità di pensare italicamente in tempi “strani” come quelli di oggi.

Finalmente a prendere la parola è il Ministro stesso che, intanto afferma che il libro nasce dal suo viaggiare e non dall’accademismo, ma che è giunto con grande consapevolezza ad un orizzonte condiviso tra coloro che nutrono un inestinto interesse nei confronti delle nostre radici.  Presso tutti i popoli, continua, ma soprattutto presso il popolo italiano, anche lì dove sono forti le culture preromane, vi è un desiderio inesausto di conoscere le nostre radici, un forte senso di appartenenza, che si rileva ovunque, anche nelle feste popolari. Tanta parte della sua personale formazione, dice Giulia è sorta, sì dalla lettura dei contemporanei come Consolato, Gennaro D’Uva, Carandini, Montanari, ma anche dai maggiori cantori di Roma, dalla grande poesia augustea alla classicità “moderna” di Pascoli, Carducci che erano profondamente romani sebbene nati non nati nella Città Eterna, ma che hanno  sentito Roma universale. Giuli continua a spiegare che per Montanari la cultura di Roma è una koinè greco- etrusco-italica, un insieme di culture e tradizioni, con intersezioni con altre culture, e che i romani non esistono come popolo autoctono. Ma aggiunge ,a loro è dovuto il diritto, le proiezioni ortogonali sulle quali si è creato un sistema di pensiero su cui si fondano molte cose, persino le basi dell’urbanistica europea e nel mondo; il genio italico c’è ed è vivo pertanto. (Ed aggiungerei si ritrova ovunque nel mondo). -Tutti- continua il Ministro, -sono legati alle proprie radici, ed in questo noi Italiani abbiamo un primato, è una nostra peculiarità il genio italico, la romanità è presente (direi un antico presente), in tutte le manifestazioni, persino nel modo di salutarci, nei dialetti, nel modo di abitare il presente stesso-. I Greci -afferma – ci sono molto consentanei, molto vicini, ci ammirano pure avendoli noi trattati in modo brutale durante il ‘900. Continuano a considerarci dei fratelli, anche per le origini (storiche e mitologiche) di Roma. Gli stessi Elleni consideravano una terra eletta l’Italia, la sua fioritura, rappresentava secondo loro, la grandezza della loro culturaE da questo emerge l’idea della presenza di un genio del luogo che tutto accoglie e che trasforma ciò che riceve. Comunque, al di là di ogni forma di nazionalismo, aggiunge il Ministro, esiste un primato, un modo di pensare unicamente italico-. Ricorda Renato del Ponte, storico e studioso di Storia Romana che tanto ha dato al concetto di nostra identità. Poi accenna al periodo della trasmissione Vitalia da lui creata e condotta, motivato dal fatto che avvertiva l’esigenza di mettere in comunicazione l’antico con tutto ciò che oggi lo rende presente, soprattutto le feste, tra le tante altre cose. Vitalia appunto, il titolo della trasmissione parla dell’Italia e della vita, Vitalia la terra della vita, di Vitalum, semileggendario personaggio che dal Palatino arriva e che tra gli Enotri dà vita ad un Italia, la terra dei Vituloi, dei tori, come ci chiamavano i Greci, ancor prima di Roma. Tutto, ogni cosa, secondo Giuli, è presente nella forza sincretica di Roma; è rimasta nel Calendario laico che è romano e nel fatto stesso d’aver giurato come Ministro nelle mani del capo della Res publica e la Res Publica è sacra, giurare è un gesto sacro, deriva dallo ius iurandum; in antico si giurava con una selce, simbolo primigenio di Giove su cui si reggeva l’ordine delle cose nella Res Publica e poi nell’Impero, e tale giuramento era ed è rimasto un rito sacro. Secondo Giuli reiteriamo ancora forme di liturgia antica, la liturgia del fuoco che arde sull’Altare della patria, ad esempio, un fuoco che è la reincarnazione sostanziale del fuoco di Vesta e che si costituisce come un altro rito storico che viene reiterato. Il mito fonda la realtà ed il rito la perpetua. La parola rito- dice Giuli- ha una radice sanscrita che significa ordine, attraverso il rito teniamo le cellule della realtà in ordine, attaccate al nostro sistema e tutto ciò è rimasto intatto, nella sostanza, talvolta esteriormente trasformandosi.  Ma il sacro è anche un elemento pericoloso, tutto ne è permeato, e c’è sacro e sacro, esso può contenere un elemento di separatezza e può anche essere degno di timore riverenziale. Ad esempio, vi sono luoghi da non violare che portano con sé una maledizione e chi in passato li violava diveniva “sacro”, in senso negativo, maledetto, e per questo passava nella condizione di separatezza, di esclusione. E poi vi sono coincidenze simboliche, ad esempio Plutarco narra che, quando si recò a Farsalo, trovò che pioveva tanto e in tale luogo, consacrato dalla storia, ancor oggi vi piove molto, ed è come se un demone volesse pulire il posto dal sangue dei caduti in battaglia, forse vi si sente appunto la presenza di qualcosa di esoterico.  A conclusione del suo discorso, Giuli ringrazia meravigliandosi che il suo libro abbia riscosso tanto interesse e dichiara di avere interiormente una divisa come quella che nell’antica magistratura romana indossavano coloro che si trovavano al servizio della cosa pubblica, alla patria, alla propria gente, portandola con molta sacralità.

Alla fine del dibattito, in perfetta pertinenza con quanto ascoltato, è seguita una colta e magistrale lettura dell’attore Elio Crifò di un brano tratto dalla drammaturgia Rumon  Sacrae Romae Origines.  A conclusione dell’evento il Ministro ha ricevuto il premio conferitogli dalla XV edizione di Naxos Legge, una scultura in ceramica sperimentale intitolata “Lo Scudo di Dioniso” della scultrice Stefania Pennacchio, conosciuta e stimata in campo nazionale ed internazionale, colta e sofisticata interprete del mondo classico, legata a Naxos Legge e all’orbita culturale di Fulvia Toscano. Dell’artista mi riservo di parlare più avanti e per esteso. Dopo il firma copie è stato servito un ricco e gradevolissimo buffet curato dal Delta Hotel Marriot, sotto le antiche e sempre presenti stelle di Naxos.

(Giulia M. Sidoti)

- Advertisement -

Articoli Correlati

- Advertisement -spot_img
- Advertisement 4 -spot_img