Recensioni al primo ascolto, se serve pure al secondo e al terzo. Di TadDJ

Questo autunno è stato veramente fruttuoso per la musica italiana, sono usciti diversi dischi interessanti di artisti altrettanto interessanti. Morale della favola, ho almeno quattro dischi di cui parlare e, in un periodo di incertezza musicale caratterizzata dalla forte presenza di prodotti scadenti pensati per le masse, non è cosa da poco.
Oggi parliamo di Andrea Laszlo De Simone e del suo ultimo lavoro “Una lunghissima ombra”, terzo album in studio dell’artista. Sull’artista c’è poco da dire, Andrea è uno di quelli che lavora parlando poco, scrivendo, suonando e registrando in casa. La sua musica è molto particolare, a mio avviso nasce da un esigenza, il bisogno impellente di mettere fuori quello che improvvisamente ti si focalizza nella mente in maniera chiara e limpida, quella possessione improvvisa da parte del demone della musica di cui ci si può liberare solo esternandola e vincolandola in una forma concreta.
Copertina minimale, una lamina con riflessi di luce interrotta da una linea frastagliata. Nessun riferimento al titolo dell’album o all’autore, ma tranquilli, ci troverete sopra una piccola etichetta.
17 brani, 67 minuti, tanta, tanta roba. Un viaggio notturno che si dipana dal buio alle prime luci della sera del giorno successivo. Il racconto sonoro di piccole miniature minuziosamente descritte che sublimano in grandi atmosfere. Racconto nel quale dialogano suoni orchestrali e sintetici, flauti, pianoforti, mellotron, drum machines e chitarre, tutti sorretti dall’essenzialità di una batteria e un basso, poi, improvvisamente, parte il cantato e ci ritroviamo nell’Italia degli anni 60, quelli della musica d’autore dei grandi maestri di un passato ormai lontano, musiche sognanti che si ostinano in ipnotiche sequenze che, se ti catturano, vorresti mandare in loop per ore. Sono molti quelli che hanno provato a riproporre questa musica ma fino adesso nessuno c’era riuscito senza sembrare falso o artificioso. Una musica molto dolce, delicata e malinconica, un racconto intimo dal sapore crepuscolare e romantico nella quale sono incastonate parole e racconti.
16 brani che si sviluppano in un flusso unico, senza interruzioni, legato dal vento, da un synth, da rumori bianchi, flusso che si interrompe solo per dare spazio all’ultimo pezzo che dà il nome al disco. Album incredibile anche dal punto di vista della registrazione, tutto è perfettamente bilanciato e occupa il suo esatto posto nello spazio sonoro, in parole povere, le tracce respirano, sono vive. Potrei passare almeno mezzora a scrivere decine e decine di nomi sulle varie ispirazioni e assonanze presenti nell’album ma alla fine ne viene fuori solo l’anima pura di Andrea Laszlo De Simone.
Il disco, uscito in Italia il 17 ottobre 2025, sarà pubblicato anche in Francia, Regno Unito, Belgio, Canada e Stati Uniti. Dalle ultime notizie che ho letto sul sito della 42 Records sembra che la prima tiratura del doppio vinile sia andata presto esaurita e la cosa non mi stupisce, ma niente paura, stanno già provvedendo ad un ulteriore stampa che sarà in tutto e per tutto identica alla prima.
“Guardaci, voliamo come angeli, planando sui raggi del sole.”, c’è troppo amore in questo disco per non ascoltarlo.



