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Gli imprenditori siciliani non vanno più in banca per chiedere denari in prestito

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Non perché non abbiano speranze, ma perché non ne hanno bisogno. Ci vanno infatti per portare nuova liquidità sui propri conti.

A novembre 2024, rispetto allo stesso mese del 2011, in Sicilia i prestiti delle banche alle imprese si sono contratti del 42,6%, passando da 31,8 miliardi a 18,3 miliardi di euro. Mentre i depositi sono lievitati del 163,3%, che in soldoni vuol dire che oggi complessivamente le aziende siciliane hanno in cassa 16,4 miliardi contro i 6,2 miliardi del 2011.

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Questa la foto scattata dal Centro studi della Cgia di Mestre, che ha passato sotto la lente d’ingrandimento i numeri del sistema bancario in ciascuna provincia italiana. Sfatando così alcuni luoghi comuni da tempo consolidati: non è vero che sono le banche a tenere chiusi i rubinetti del credito, non è vero che le imprese (la maggior parte) siano in difficoltà.

La tendenza è ampiamente confermata a livello nazionale, dove si registra una riduzione del monte prestiti pari al 34,9%, ovvero 353,6 miliardi di euro in meno rispetto al 2011 quando il credito era di 1.013,8 miliardi mentre a fine 2024 è stato di 660,2 miliardi.

Il miracolo, secondo la Cgia di Mestre, è avvenuto grazie all’autofinanziamento, ovvero con capitali propri di imprenditori e soci, o di terzi attraverso il mercato dei capitali e l’azionariato diffuso. Molte attività, inoltre, grazie ai buoni risultati, hanno aumentato i risparmi con i quali affrontano sia le spese correnti, sia gli investimenti.

Ma non a tutti è andata così bene. A pagare il conto sono state infatti parecchie microimprese, che non ricevendo credito dalle banche si sono ridotte all’insolvenza. A far stringere i cordoni della borsa alle banche hanno contribuito notevolmente i provvedimenti della Banca centrale europea, che ha introdotto parametri molto stringenti nella valutazione del merito e del rischio di credito per arginare la crisi del settore. Non particolarmente utilizzate, invece, le misure introdotte dai governi Conte 2 e Draghi a sostegno del credito, fra cui la garanzia statale al 100 per cento sui prestiti.

In Europa i prestiti alle imprese sono invece aumentati in media del 4,3 per cento (+188,6 miliardi di euro), con picchi in Francia (+61,4%) e in Germania (+41%), dove l’esposizione delle rispettive banche verso le attività economiche è circa il doppio che in Italia.

La Sicilia in cifre – Sono le imprese di Catania (4,4 miliardi), Palermo (4,1 miliardi) e Messina (2,4 miliardi) quelle con una maggiore esposizione nei confronti del sistema creditizio. Ma sono anche le province con il maggior numero di realtà produttive. Mentre Siracusa, avendo più che dimezzato il monte del credito, è terza in Italia per la percentuale (-56,8%) di contrazione dei prestiti alle aziende. Il sistema Sicilia, con un -42,6%, si piazza al quarto posto fra le regioni italiane per la riduzione dei prestiti negli ultimi 13 anni.

Buone notizie arrivano invece dal conto depositi che con un totale di 16,4 miliardi, poco più di 10 in più rispetto al 2011, fa registrare un saldo negativo di soli 2 miliardi rispetto all’indebitamento delle aziende. Enna è terza in Italia per l’incremento (+278,9%) dei depositi delle imprese, anche se in valore assoluto si passa da 100 a 400 milioni di euro. Mentre Messina è ultima nella graduatoria isolana avendo soltanto raddoppiato l’importo dei conti bancari passando da 0,8 a 1,7 miliardi di euro. E’ Palermo la provincia più ricca con 4,7 miliardi di deposito (+181,1% in 13 anni), seguita da Catania con 3,6 miliardi.

Come sempre, però, quando si parla di statistica, non è mai tutto oro quel che luccica. Rimangono sempre osservati speciali i dati relativi all’infiltrazione di capitali provenienti da organizzazioni criminali, così come il sistema del credito illegale che divora le imprese più in difficoltà.

(Ettore Iacono)

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