Siete mai stati ad un evento di alta cultura dove, arte e psicologia si fondono mettendosi in relazione fino a generare un nuovo sentire le emozioni? E’ quello a cui abbiamo assistito ieri sera al Caffe’ Letterario presso il Totu’ bistrot, durante il quale psicologi, sociologi, ma anche artisti, giornalisti e gente comune, hanno interagito e dialogato con Sofia Mezzasalma, dottoressa in psicologia clinica, alla sua prima pubblicazione.

Attraverso le installazioni fotografiche dei dipinti che il libro stesso contiene e curate da Mariagrazia Toto, siamo stati portati per mano in un viaggio intenso e inquietante nella mente complessa di un artista e dei suoi dipinti.
Che ne raccontano i segreti dolorosi e silenziosi.
Ma cosa sta dietro allo stile di questa donna e perche’ una giovane psicologa se ne e’ interessata.
Fino a scriverne un libro?
“Schegge Traumatiche”, questo il titolo di uno scritto unico nel proprio genere che, seppur d’esordio, fornisce un apporto originale sia alla comprensione del disturbo dissociativo d’identita’ (did), sia all’interpretazione della pittura e di conseguenza, della psiche multi dividuale di Kim Noble.
Una storia che tocca corde profonde e invita a riflettere e sebbene il mondo conosca di Kim Noble un artista, nessuno ha mai avuto il coraggio di ricercare e analizzare le cause del profondo dolore che trasuda dai dipinti, di indagare sulla sua storia, caratterizzata da un’infanzia traumatica fatta di violenze fisiche e psicologiche.
Non ci troviamo dinanzi al classico resoconto clinico, o fatto di cronaca, ma molto di più: essobè “la notizia che sta dietro al fatto”. Il fatto è il successo di Kim Noble artista londinese, e i suoi dipinti così particolari nel loro genere per essere inquietanti, in quanto trattano scene crude di violenza su minori o donne, ma soprattutto per i differenti stili pittorici che caratterizzano ciascun alter.
La vera “notizia“ è che Kim Noble è affetta dal Disturbo dissociativo della personalità, dove in lei convivono più di venti personalità differenti. Una condizione psichiatrica in cui un individuo sperimenta almeno due identità distinte, che prendono alternativamente il controllo del comportamento. Queste identità, o “alter”, possono avere caratteristiche differenti, come nome, età, sesso e persino linguaggio o accento. Oltre a queste identità, le persone con did spesso soffrono di amnesie, non ricordando ciò che accade mentre un’altra identità è “attiva”.
Il libro si propone così in primis di far conoscere e riconoscere che cosa sia il disturbo dissociativo dell’identità e al contempo avvicinare il lettore ai disturbi mentali, accompagnandolo attraverso un iter di progressiva conoscenza del trauma e dei meccanismi difensivi, attraverso i quali, la psiche risponde ad un dolore altrimenti intollerabile.
Leggendo il libro ne risulta uno scritto scorrevole, un eloquio semplice, malgrado la complessità dell’argomento, ma soprattutto originale nel suo genere, in quanto la scrittrice ha saputo illustrare il concetto di identità dissociata, con la brillante metafora (da lei creata) dello specchio (l’io del bambino) e del sasso (un trauma talmente forte da generare una frammentazione), raffigurando la cosi detta “Sommatoria traumatica”, secondo la quale il comporsi e sovrapporsi di più traumi reiterati nel tempo, originano le diverse personalità “alter”, una per ogni frammento traumatico, separate tra loro, non dialoganti e con barriere mnestiche che ne impediscono il riconoscimento ed il ricordo.
Tanti gli interventi, cosi’ come gli interrogativi posti sia dalla pedagogista Donatella Manna che dal dott. Attilio Andriolo, ma in particolare dal pubblico le hanno chiesto se fosse piu’ giusto lasciare che il soggetto conviva con le tante personalita’ sviluppate o, attraverso la giusta terapia riuscire a fare emergere la sua prima personalita’.
Sofia ha risposto che e’ fondamentale fare terapia affinche’ il dolore venga verbalizzato e quindi affrontato, ma non sempre il soggetto vuole farlo perche’ troppo doloroso ricordare.
Mi ha colpito la sensibilita’ con cui la Mezzasalma ha trattato l’argomento, con i guanti di velluto, lo abbiamo sentito, toccato e visto anche nella sua volonta’ di aver posizionato in prima fila, una sedia con un fiocco rosso ed una rosa, per ricordare l’ultima vittima di femminicidio di questi giorni, la giovanissima Sara Campanella.
Un‘assenza divenuta presenza, per ricordarci che quel posto, cosi come in un cinema o in un ristorante, era occupato da una donna che e’ stata uccisa per aver detto “no” ad un uomo, ad un ragazzo che pur essendo capace di intendere e volere, ha interpretato la realta’ con la sua mente distorta, dandone un proprio personale significato, fino a giungere al gesto estremo perche’ non capace di reggere un rifiuto, un fallimento. Dovremo riflettere tutti su cio’!
Infine Maurizio Guerreschi, durante la presentazione, toccato dalle parole della nostra scrittrice, ha realizzato per i presenti un dipinto che rappresenta e riassume il senso del libro: diverse matrioske ovvero le 20 personalità, una mano quale il grido disperato per dire stop alle continue violenze. Due occhi grandi sgranati, che rappresentano la follia, i frantum in cui la mente umana si spezza. La mostra fotografica sara’ fruibile fino al 09 aprile presso i locali di Totu’ Caffe’ Bistrot di Milazzo.
(Lucilla Anzalone)
