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Omicidio Arculeo, due arresti: vittima uccisa e bruciata per un prestito negato

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PALERMO – Un prestito negato, un litigio finito in tragedia e un corpo carbonizzato abbandonato nelle campagne di Alcamo. Sono i contorni agghiaccianti dell’omicidio di Antonino Arculeo, 64 anni, per il quale il GIP di Palermo ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di Gioacchino Leto, 34 anni, difeso dall’avvocato Antonino Iudicello e Dario Milana, 46 anni, assistito dall’avv. Alessandra La Barbera.

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Secondo l’ordinanza firmata dal giudice Marco Petrigni, i due uomini avrebbero agito in concorso nel delitto avvenuto il 6 maggio scorso, con movente legato a un prestito mai concesso. Arculeo, conosciuto a Partinico per la sua attività di “sensale” e per i prestiti di denaro contante, sarebbe stato attirato dai due in una zona isolata di campagna, poi colpito con numerosi fendenti e infine dato alle fiamme per cancellare le tracce.

A puntare il dito contro Milana è stato lo stesso Leto, che – dopo un tentativo di fuga verso la Calabria – ha condotto gli investigatori nel luogo dove giaceva il cadavere. Le sue dichiarazioni, però, sono ritenute parziali e contraddittorie. Milana, dal canto suo, nega tutto ma ha fornito versioni confuse e smentite da testimonianze e prove oggettive, come le bruciature sugli abiti e la sua fuga dall’ospedale dopo un incidente stradale a bordo dell’auto della vittima.

Nel corso delle indagini, la polizia ha documentato una rocambolesca fuga di Leto verso Lamezia Terme, avvenuta poche ore dopo essere stato convocato in commissariato. Milana, invece, è risultato irreperibile dopo essere stato coinvolto in un incidente con la Lancia Musa di Arculeo, schiantatasi ad Alcamo.

A inchiodare i due anche intercettazioni ambientali: nella sala d’attesa della polizia, i due si sarebbero scambiati accuse e allusioni che, secondo gli inquirenti, confermano il loro coinvolgimento. “Per loro sei complice”, avrebbe detto Leto a Milana, lasciando intendere che entrambi fossero presenti sul luogo del delitto.

L’ordinanza parla di “gravissimi indizi di colpevolezza” e di un “quadro indiziario granitico”, aggravato dalla “spregiudicatezza” dimostrata nella gestione del cadavere, mutilato e carbonizzato. Secondo il giudice, vi è un concreto pericolo di fuga e la possibilità di reiterazione del reato, anche alla luce dei precedenti penali e della personalità dei due indagati.

Il Tribunale di Palermo ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, trasmettendo gli atti a Trapani, dove proseguirà l’inchiesta. Intanto, Leto e Milana resteranno in carcere in attesa di ulteriori sviluppi.

(Giuseppe Mesi)

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