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Rito della Luce, una voce fuori dal coro: la riflessione dell’ex sindaco Luigi Miceli

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In occasione delle celebrazioni per il solstizio d’estate promosse dalla Fondazione Fiumara d’Arte, l’ex sindaco di Tusa, l’avv. Luigi Miceli, interviene con una riflessione lucida e appassionata sull’identità culturale del territorio nebroideo, tra memoria antica e sfide contemporanee.

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Miceli saluta con favore il ritorno del “Rito della Luce”, riconoscendone il valore simbolico e rigenerativo, ma non manca di sollevare alcune osservazioni critiche, a partire dalla mancata inclusione del Comune di Tusa – storicamente legato alla Fiumara d’Arte – tra gli enti promotori evidenziati nei materiali ufficiali dell’evento. Il suo intervento, che pubblichiamo integralmente di seguito, tocca anche il tema dell’Albergo Museo Atelier sul Mare, oggi chiuso e in stato di abbandono, con un accorato appello a intervenire per restituire dignità a un’opera che ha fatto della bellezza un principio fondante.Una voce autorevole e radicata nel territorio che invita a riflettere sul rapporto tra arte, memoria, identità e responsabilità istituzionale.

Il Rito della Luce e lo spettro delle ombre

Caro Direttore,
approfitto della cortese ospitalità che mi riserva il Suo giornale, per salutare con favore il rinnovarsi delle celebrazioni di inizio estate, promosse dalla Fondazione Fiumara d’Arte, originariamente identificate come “Il Rito della Luce”. La Fondazione continua, pertanto, la propria opera di rigenerazione culturale nel medesimo territorio là dove tutto era iniziato oltre quarant’anni or sono. Del resto, nell’antichità il solstizio d’estate era legato al culto di Apollo, il dio greco del sole, della luce e della musica, già ampiamente venerato per questi lidi ed in queste valli almeno dal secondo secolo avanti Cristo, come testimoniato dai recenti ritrovamenti di consistenti tracce del monumentale tempio dedicato proprio ad Apollo, ubicato nella sommità del sito archeologico di Halaesa Arconidea, ben visibile da chi arrivava dal mare per visitare la fiorente città di origine siculo greca (403 A.C.), un po’ come oggi è altrettanto ben visibile la piramide di Mauro Staccioli per chi proviene, sempre dal mare, all’altezza dell’antico porto di Halaesa, dove insiste, sempre sulla foce del fiume, un approdo funzionale a zero impatto ambientale.
Tradizioni risalenti alla notte dei tempi che alimentano perennemente l’identità del territorio dei Nebrodi Occidentali, o della Valle dell’Halaesa che dir si voglia, che continua a reagire orgogliosamente, quanto faticosamente, agli effetti collaterali della globalizzazione e alla piaga del decremento anagrafico, che investe il mondo occidentale e, in particolare, buona parte dell’Italia, mediante la valorizzazione delle proprie risorse, tra le quali possiamo certamente annoverare “l’Antico presente”, prendendo in prestito il titolo del recente libro del Ministro Giuli.
Stupisce, tuttavia, come il manifesto promozionale dell’evento di questo fine settimana (sabato 21 e domenica 22 giugno) esponga i simboli solamente di quattro Comuni del comprensorio, con l’esclusione delle municipalità di Mistretta, Santo Stefano di Camastra e Tusa. Si tratta, a mio avviso, di una decisione distratta e poco rispettosa del ruolo di adesione e di sostegno incondizionato, anche di tipo finanziario, che tutti i Comuni della Valle dell’Halaesa, unitamente alla Regione Siciliana, hanno assunto in favore della “Fiumara d’Arte”, almeno a far data dall’anno 2006.
E a proposito di Regione Siciliana, risalta particolarmente l’assenza dello stemma del Comune di Tusa dal manifesto promozionale di quest’anno, atteso che l’ultimo protocollo di intesa (risalente ai primi mesi dello scorso anno), mediante il quale la medesima regione si è impegnata a sostenere finanziariamente le attività della “Fondazione Antonio Presti” prevede, tra i siti di riferimento, anche l’Atelier sul Mare di Castel di Tusa, non foss’altro perché, a tacer d’altro, la versione di Villa Margi (iniziativa artistico ricettiva lodevole e utile per l’intero comprensorio) non mi pare che esistesse ancora al momento della stipula.
Spero vivamente di sbagliarmi, ma se l’assenza dello stemma del Comune di Tusa dovesse coerentemente interpretarsi unitamente allo sviamento delle iniziative artistiche (finanziate dalla regione) dal territorio del medesimo Comune (Atelier sul Mare di Castel di Tusa) ciò rischierebbe di gettare un’ombra, peraltro gratuita, sulla riattivazione della vena artistica della Fondazione.
La successiva ombra, invece, è ben più incombente e ingombrante e riguarda le sorti della struttura materiale Albergo Museo Atelier sul Mare di Castel di Tusa, ormai chiusa da due anni. Un enorme involucro di cemento inerme, cupo e tenebroso che, in queste condizioni, rischia di porsi in netta contro tendenza rispetto a chi ha ritenuto di fare della devozione alla bellezza più che una ragione di vita.
Bene le rinnovate celebrazioni per il solstizio d’estate, buona la decisione di Antonio Presti di rimanere nel territorio della Valle dell’Halaesa, dove è nata la Fiumara d’Arte, ma la struttura di Castel di Tusa deve essere urgentemente rigenerata, sarebbe una decisione illuminata, o, in subordine, demolita, sarebbe comunque una scelta illuminante, poiché, almeno, la luce del sole potrà tornare ad espandersi in quel lembo di terra che insiste in un angolo di paradiso, là dove la materia può anche non esserci.

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