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San Filippo del Mela. Murales di Giovanni Gargano nell’evento “Ciauru d’estate”

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Nei giorni scorsi il “nostro” Giovanni Gargano, che ci onora di una collaborazione con la nostra testata on line “Sicilia Tabloid”, ha realizzato un interessante murales nel corso dell’evento denominato “Ciauru d’estate” che si è tenuto a San Filippo del Mela. 

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Diamo la parola proprio all’artista Giovanni, che ci racconta questa sua nuova “avventura”.

Invitato a realizzare un murales per il programma “Ciauru d’estate” di San Filippo del Mela, mi si propone il tema degli antichi mestieri. Tra questi, Giuseppe suggerisce lo zammarinaru, mestiere oggi dimenticato ma localmente molto diffuso fino alla metà del secolo scorso. Giuseppe ricorda e racconta quanto fosse umile e faticoso il lavoro suo padre, zammarinaru di Borgo Verga: estrarre la fibra dell’agave per rivenderla ai mastri cordari di Merì.

Giorni passati fuori casa in cerca della zammara. Ricoveri di fortuna. Un lavoro, per certi versi, di provvidenza come chi va per mare. Essenziali e semplici, gli attrezzi erano votati alla trasportabilità: un pugnale, una mazza di legno, una raspa, una tavola chiodata. Giuseppe descrive le mani di suo padre: grandi come pale, dure, dita storte. Mani incapaci di chiudersi.

Gli zammarinari erano visti molto in basso nella scala sociale del tempo.

Un fondo riccio, ruvido, fa da base ad una scena essenziale, priva di orpelli e distrazioni.

Non c’è mitizzazione del tempo passato.

Non erano giorni felici.

All’interno di un campo arido che chiude l’orizzonte quasi a non dare speranza per il futuro, sono presenti due figure maschili (due famiglie da campare) intente a battere e raschiare le foglie di agave per recuperarne la fibra in una scena praticamente meccanica.

Si percepisce silenzio, il lavoro assorbe i soggetti.

Gli zammarari sono figure anonime, spersonalizzate, uno vale l’altro.

Mani grosse, grezze e indefinite, volti scuriti dal sole, indistinti.

In uno schema a triangolo, l’agave, pianta preziosa, è presente in alto mentre gli uomini si trovano in una posizione di dipendenza: la loro fortuna è subordinata alla pianta.

Dietro questo campo si intravede del verde. Un’area florida? Forse, ma questa è al di là: solo la zammara è alla loro portata.

Infine, all’essenzialità della scena si aggiunge la limitata palette cromatica: un numero esiguo di colori a costituire un parallelo con i contati strumenti del mestiere.

Uomini di fatica, uomini del loro tempo, capaci, nonostante tutto, di andare avanti, comunque!

Un sentito grazie a

Francesco Chinnici 

Valentino Colosi 

Giuseppe Imbesi

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