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Valle del Mela: “dove la politica ha spento la luce”

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C’è un silenzio che pesa come piombo sulla Valle del Mela. È il silenzio delle istituzioni, dei sindaci di Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e dei comuni limitrofi, che osservano inerti la lenta agonia di un territorio un tempo strategico per l’economia siciliana e oggi ridotto a una landa industriale dismessa, dove la ruggine ha sostituito la speranza.

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Nelle assemblee dei lavoratori dell’A2A è emersa con chiarezza la drammaticità di una crisi che non è solo aziendale, ma sistemica. L’incertezza sulla centrale termoelettrica di San Filippo del Mela, la mancanza di un piano industriale, la perdita dell’indotto e l’assenza di prospettive concrete hanno innescato un senso di abbandono che permea ogni famiglia, ogni officina, ogni strada.
Fiom, Fim e Uilm denunciano da mesi una situazione paradossale: un impianto ancora vitale, infrastrutturalmente adeguato, rischia di essere spento non per necessità tecnica, ma per miopia politica e strategica. A peggiorare il quadro, la decisione di A2A di rinunciare definitivamente alla realizzazione del termovalorizzatore a San Filippo del Mela per spostare l’investimento a Catania [1]. Una scelta tanto incomprensibile quanto dannosa, che priva l’area tirrenica di un’occasione unica di riconversione industriale e occupazionale. Si è scelto, ancora una volta, di sottrarre a un territorio già in ginocchio la possibilità di rialzarsi.
Il sito di San Filippo del Mela impiega oggi oltre 160 addetti diretti, cui si aggiungono 100–150 lavoratori dell’indotto stabile (manutenzioni, servizi, imprese esterne) [2][3]. Nelle fasi di piena attività la filiera arriva a coinvolgere fino a 400 lavoratori [4]. È questa la platea che pagherà il prezzo più alto di uno spostamento che non ha alcuna giustificazione logica, industriale o territoriale. Si tratta di uomini e donne che da decenni vivono e lavorano in un’area già gravata da problemi ambientali, oggi minacciata anche dalla disoccupazione.
Ma qui non si tratta solo di scelte aziendali: il colpevole principale si trova a Palermo. Il Governo regionale non può continuare a fingere che il problema riguardi solo A2A o i sindacati. Questa crisi è il frutto maturo di una assenza di politica industriale regionale durata anni, di una pianificazione energetica ferma ai comunicati stampa, di una gestione schizofrenica dei fondi europei e FSC. Nessun coordinamento tra gli assessorati, nessuna strategia di rilancio delle aree industriali, nessuna cabina di regia per riconvertire i siti dismessi o in transizione.
La Regione Siciliana avrebbe dovuto pretendere, al momento della rinuncia dell’impianto, un piano alternativo vincolante per il territorio del Mela, con investimenti equivalenti o superiori. Avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti previsti dalla legge regionale 8/2018 sulla reindustrializzazione delle aree in crisi complessa. Avrebbe potuto — e dovuto — convocare un tavolo permanente con Ministero, sindacati e Comuni, vincolando A2A a un cronoprogramma di riconversione ecologica e tutela occupazionale. Nulla di tutto ciò è stato fatto.
La Regione si è voltata dall’altra parte, più interessata a spartire assessorati e clientele che a difendere un lembo di Sicilia che da decenni paga le colpe altrui. Né si dica che mancano le risorse: i fondi del PNRR e del nuovo FSC 2021-2027 prevedono linee dedicate alla transizione energetica e alla bonifica dei siti industriali. Ma qui non è mancato il denaro — è mancata la volontà, la competenza, e soprattutto la coscienza politica.
E che dire dei sindaci? È sotto gli occhi di tutti la loro latitanza istituzionale. Quando i lavoratori si riuniscono in assemblea, i primi cittadini sono altrove; quando si discute del futuro dell’area, si rifugiano nel rituale delle conferenze stampa o nel silenzio prudente di chi teme di “urtare” qualcuno. Eppure, sono loro i primi responsabili della rappresentanza territoriale: sono i sindaci che dovrebbero bussare alle porte di Palermo e di Roma, pretendere tavoli, piani, impegni scritti. Invece, hanno scelto il ruolo di spettatori silenti, come se la rovina economica fosse una calamità naturale e non una scelta politica.
Il progetto del termovalorizzatore avrebbe potuto rappresentare la chiave di volta per un rilancio produttivo in chiave sostenibile, in grado di coniugare lavoro, transizione ecologica e bonifica ambientale. Invece, si è preferito dirottare fondi, posti e sviluppo altrove, confermando quella logica assurda che vuole la Sicilia divisa in poli “fortunati” e aree sacrificate, con l’aggravante di una totale assenza di visione.
E non si venga a parlare di tutela ambientale come alibi. L’area della Valle del Mela, classificata da anni come AERCA (Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale) [5], è un laboratorio di contraddizioni. Aria, suolo e falde contaminate, come attestano i rapporti ARPA e ISPRA, convivono con impianti industriali in parte inattivi, in parte obsoleti [6][7]. È qui che si sarebbero dovuti concentrare gli sforzi della politica industriale e della transizione ecologica: rigenerare, bonificare, innovare. Non abbandonare.
La rinuncia al termovalorizzatore non è solo la perdita di un progetto: è la rinuncia a una strategia di sviluppo, alla possibilità di trasformare un’area “malata” in un modello di economia circolare e di efficienza energetica. È come se si fosse deciso di lasciare che il tempo e la ruggine completassero l’opera di distruzione iniziata dall’indifferenza.
Eppure, le infrastrutture ci sono, le competenze pure, la forza lavoro è pronta a ripartire. Manca soltanto la volontà politica di farlo. La Regione dovrebbe oggi convocare d’urgenza un tavolo tecnico-istituzionale, individuare le misure di salvaguardia occupazionale, predisporre incentivi per la riconversione ecologica e attivare — finalmente — i fondi destinati alle aree industriali in crisi complessa. Dovrebbe agire, non annunciare. Dovrebbe pianificare, non improvvisare. Dovrebbe, in sintesi, governare.
Lo spostamento dell’impianto a Catania non ha logica industriale, se non quella di accontentare equilibri di potere estranei al territorio. Il sito di San Filippo del Mela, con la sua rete di collegamenti, la sua storia produttiva e la sua manodopera specializzata, è il luogo naturale per investire. Delocalizzare un progetto in nome di una presunta “efficienza” significa condannare alla desertificazione economica un’intera fascia costiera. È un insulto a chi per decenni ha lavorato, respirato e pagato in prima persona il prezzo di un modello industriale che ha consumato salute e speranza.
È inaccettabile che i lavoratori debbano scendere in piazza per ricordare alle istituzioni che esistono. È inaccettabile che un’area con una delle più alte concentrazioni industriali della Sicilia venga trattata come un problema e non come una risorsa. Ed è scandaloso che i sindaci, chiamati a rappresentare la voce della comunità, si nascondano dietro il silenzio o le solite formule di circostanza. La politica vera non si misura con le dichiarazioni di solidarietà, ma con la capacità di pretendere piani industriali, garanzie occupazionali, bonifiche, investimenti.
Occorre un’inversione di rotta immediata. Serve un piano di rigenerazione territoriale che coniughi impresa, ambiente e innovazione, che rilanci l’occupazione attraverso la riconversione energetica e lo sviluppo sostenibile. Serve una cabina di regia regionale e nazionale che riporti la crisi dell’area tirrenica al centro dell’agenda economica, non come caso isolato ma come paradigma di una Sicilia dimenticata. E serve, soprattutto, un cambio di mentalità: non più un Sud che chiede elemosine, ma un Sud che rivendica diritti, dignità e futuro.
La Valle del Mela non ha bisogno di solidarietà a parole, ma di investimenti veri, di bonifiche reali, di cantieri che tornino ad aprirsi. Se lo Stato, la Regione e i sindaci continueranno a voltarsi dall’altra parte, il rischio non è solo la perdita di posti di lavoro, ma la perdita definitiva della fiducia di un popolo intero. E quando un popolo smette di credere, non resta che il silenzio.
Un silenzio che, qui, ha già fatto troppi danni.

(Vicky Amendolia e Letterio Grasso – Azione)

Fonti
OggiMilazzo.it, “San Filippo del Mela, A2A rinuncia alla realizzazione del termovalorizzatore: l’investimento spostato a Catania”, 14 ottobre 2022.
GEM Wiki, “San Filippo del Mela Power Station” (scheda impianto).
CompanyReports.it, dati organico A2A Energiefuture S.p.A. (fascia 250–499 dipendenti).
La Gazzetta del Sud, “Sciopero alla Centrale A2A, 150 dipendenti dell’indotto in piazza”, 2019.
ARPA Sicilia, “Attività di controllo delle emissioni in atmosfera nell’AERCA Valle del Mela (ME)”.
ISPRA, Rapporto criticità ambientali, Roma 2023.
L’Espresso, “Milazzo, la terra dei fuochi siciliana a cui tutti si sono abituati”, 30 ottobre 2022.

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