Acque turbolente per il Presidente del Consiglio italiano per un’Europa in bilico tra riarmo e pace.
Il 20 e 21 marzo ci sarà il Consiglio europeo dove l’Italia dovrà andare con una linea ben precisa. A questo punto il passaggio principale da dover gestire è per i prossimi giorni quando il Presidente del Consiglio andrà a riferire in Parlamento quella che sarà la linea del Governo.

La tensione è palpabile, perché, per quanto abbiamo visto nelle ultime settimane, ogni partito, di maggioranza e di opposizione ha delle linee completamente diverse e certe volte anche all’interno dei partiti stessi, le linee di pensiero non coincidono assolutamente, anzi.
Giorgia Meloni è quindi costretta a fare gli straordinari per mantenere i partiti di governo compatti evitando di scontentare qualcuno. In realtà sembra che nè la Lega né Forza Italia abbiano la volontà di fare passi indietro rispetto alle posizioni già espresse a Bruxelles nelle riunioni informali e non solo.
Obiettivo della Meloni è quindi avere delle posizioni di sintesi, evitando delle spaccature, sul sostegno all’Ucraina e su “Rearm Europe” e la difesa comune, il piano di 800 miliardi varato dalla Presidente della commissione europea, Ursula Von der Leyen.
Quali possono essere i punti che la Meloni porterà avanti?
Probabilmente ribadirà il sostegno italiano all’Ucraina cercando di porre le basi per un negoziato di pace, escludendo assolutamente l’invio di truppe italiane sul campo, cosa che alcuni pasdaran europei non escludono, Macron in testa.
In Parlamento si cercherà quindi una risoluzione comune che mantenga in equilibrio la posizione italiana.
Nel frattempo gli altri leader dei partiti di maggioranza non perdono tempo per chiarire le rispettive posizioni.
Il leader della Lega e Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini ribadisce che bisogna rafforzare la sicurezza interna, pensare all’immigrazione clandestina (una posizione sempreverde per la Lega) ed è contrario al riarmo europeo.
“Per l’Italia – ha scritto Salvini sui social – il problema è la frontiera a sud con l’immigrazione clandestina e il terrorismo islamico, quindi piuttosto serve aumentare gli investimenti italiani per rafforzare la nostra sicurezza interna, non riarmi europei o difese comuni. La posizione della Lega è chiara”.
Probabilmente il leader della Lega non ha fiducia nelle Istituzioni europee e neanche negli altri leader europei che vede guerrafondai, infatti in un altro post sui social afferma: “È il paradosso europeo: non si poteva investire un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune? Se oggi avessimo un esercito europeo, Francia e Germania ci avrebbero già mandato in guerra”, e probabilmente avrebbe avuto ragione, da questo punto di vista.
Dall’altro lato il leader di Forza Italia e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, spiega le posizioni del suo partito e cioè mantenere i rapporti con gli USA, all’interno della UE senza cedere su alcuni principi fondamentali.
“Bene il Sì del Parlamento europeo sul futuro della Difesa europea. Era il grande progetto di De Gasperi e Berlusconi per garantire sicurezza a tutti cittadini. Per realizzarlo l’Europa deve agire con urgenza investendo di più, in maniera più efficace e coordinata” e continua su un altro post:
“Investire per la Difesa significa investire sulla sicurezza dei nostri confini, delle nostre famiglie e di tutti i cittadini”, posizioni in linea con la politica europea di Ursula Von der Leyen, che facilità, forse, da questa parte, la sintesi per il Presidente Meloni, anche se posizioni diametralmente opposte con la Lega.
Ma se a destra la strada è tortuosa a sinistra forse è ancora peggio.
Il più grande partito di opposizione propone l’Europa federale, o quantomeno questa è la linea della segretaria Elly Schlein, perché come abbiamo visto nel voto del Parlamento europeo e nella manifestazione di sabato a Piazza del Popolo, le divisioni interne sono molte e qualcuno fa pensare anche ad una posizione vacillante della segretaria Schlein.
“All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. È e resta questa la posizione del Pd”, sottolinea la leader dem, ci sono “molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano RearmEU proposto da Ursula Von der Leyen cui abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche proprio perché agevola il riarmo dei singoli Stati facendo debito nazionale, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla. Quel piano va cambiato”.
Anche gli altri due partiti di centrosinistra, AVS e M5s sono fortemente contrari al riarmo europeo, contestando la mancanza di strategia comune.
“Il governo esprima ferma contrarietà al piano di riarmo europeo Rearm Europe, che va sostituito integralmente con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività e le priorità politiche dell’Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile”, dichiarano i pentastellati.
In effetti, come ci può essere una difesa comune se non esiste prima una Politica Estera comune?
La sfida alla quale Giorgia Meloni deve far fronte sarà quella di mantenere l’unità della sua coalizione di governo garantendo una posizione di forza dell’Italia all’interno dell’Unione e possibilmente mantenere i rapporti (forse) privilegiati con gli Stati Uniti di Donald Trump senza cadere sulle pressioni interne ed internazionali.
