Antonio Catalfamo, docente universitario barcellonese, coordinatore dell’«Osservatorio permanente sugli studi pavesiani nel mondo», organo interno della Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo, ha tenuto, al Museo Craveri di Bra, un’ampia relazione, introduttiva rispetto al premio letterario per le scuole superiori organizzato dall’Associazione «Amici dei Musei» e intitolato allo scrittore, i cui risultati sono stati resi noti nel corso di una cerimonia svoltasi a parte all’Auditorium della BPER.

Il critico si è soffermato sulla personalità prismatica di Mucci, che ha spaziato dal romanzo alla poesia, alla critica letteraria e d’arte, alla traduzione di poeti come Nazim Hikmet, affermandosi a livello internazionale. Si pensi, solo per fare un esempio emblematico, alla sua esperienza a Parigi, dove aprì, assieme al cugino Sandro Alberti, una libreria antiquaria, che fungeva pure da galleria d’arte, ospitando mostre di numerosi e qualificati pittori, ed ebbe contatti formativi con il movimento surrealista, nella sua fase politicamente impegnata a fianco del Fronte popolare.
Catalfamo ha sottolineato l’interpretazione originale che Mucci ha dato del materialismo marxista, filtrato attraverso Leopardi e Gramsci, nell’ambito di una visione dialettica nella quale il dolore è momento fondamentale, che non porta alla rassegnazione, ma, per converso, funge da sprone alla lotta per il cambiamento radicale della società. In tal senso, lo scrittore si colloca nella migliore tradizione realista, assieme a poeti come Rocco Scotellaro e Salvatore Quasimodo (nella sua fase civile), che è riuscita a conciliare angoscia del passato, segnato dalla guerra e delle sue macerie morali e materiali, e speranza nel futuro.Nel contempo, Mucci si è sentito fortemente ancorato alla sua città d’adozione, Bra, che ha influenzato a fondo la sua opera.
Molte sue poesie sono ispirate a questo territorio, inteso nella sua dimensione non solo geografica, ma anche umana, politica e civile. Emerge, così, tutto un mondo, quello contadino, ricco di succhi vitali e di spinte propulsive per il mutamento politico-sociale. L’immagine che Mucci offre di questo spaccato umano, secondo Catalfamo, è del tutto opposta a quella che si può ricavare dalle opere di Giovanni Arpino, che rappresenta, specialmente nelle prime opere narrative (Gli anni del giudizio), una città dominata dall’immobilismo, che riguarda tutti i ceti sociali, compresi quelli borghesi, ma, segnatamente, le classi lavoratrici. Arpino, sempre secondo l’impostazione del critico, offre una visione schematica del movimento sindacale e della sinistra braidese, in particolare del Partito comunista, che appare dominato da una contrapposizione insanabile tra la base popolare, che, nonostante la sua genuinità, si presenta confusa e caratterizzata da egoismo ed individualismo, e il gruppo dirigente, contrassegnato, ai vari livelli, da astrattismo e dogmatismo.
La stessa personalità di Velso Mucci contraddice questa impostazione arpiniana, essendo egli un dirigente comunista profondamente legato alle masse, sostenitore di un partito fortemente consapevole delle caratteristiche peculiari della provincia di Cuneo e, specialmente, di Bra, che impone una visione articolata dei problemi e delle relative soluzioni. In particolare Mucci, come dirigente politico, appoggia la linea fondata sulla valorizzazione della figura dei proprietari terrieri piccoli e medi, accanto al proletariato agricolo e alle avanguardie operaia.
E’ uno dei protagonisti del IV congresso provinciale del Pci, che dà concretezza programmatica a questa linea lungimirante, tutt’altro che dogmatica. Dalle sue poesie emergono figure di dirigenti politico-sindacali come Gino Borgna, d’origini proletarie, ma maturati ideologicamente fino a raggiungere livelli intellettuali apprezzabili. Anche la massa dei contadini appare consapevole del proprio ruolo storico di soggetto, non di mero oggetto, del cambiamento. Appalesa una notevole capacità di organizzarsi e di realizzare lotte per la propria emancipazione non solo in termini economico-sociali e politici, ma anche umani. Vengono poste le basi per la nascita di un uomo nuovo, dominato non dall’egoismo, bensì dalla dimensione solidaristica.
Il retroterra culturale e politico è costituito da intellettuali come Antonio Cordero, farmacista, antifascista, comunista, al quale Mucci dedica versi accorati e, nel contempo, molto elevati anche da un punto di vista tecnico-formale. Nel dibattito che è scaturito dalla relazione di Catalfamo sono intervenuti un congiunto di Mucci, figlio del già citato cugino Sandro, compartecipe dell’esperienza francese, il quale ha sottolineato il sottofondo autobiografico e familiare del romanzo mucciano, incompiuto e pubblicato postumo, L’uomo di Torino, e Benedetto Russo, che ha testimoniato il suo impegno, come preside pro tempore, per l’intitolazione allo scrittore dell’istituto alberghiero di Bra. Era presente anche Alberto Alberti, altro figlio di Sandro, che in tutti questi anni si è impegnato nella divulgazione del pensiero e dell’opera di Velso Mucci.
Antonio Catalfamo ha voluto concludere con l’auspicio che Velso Mucci venga rivalutato e che gli vengano riconosciuti i meriti letterari e politico-ideologici che gli competono. E’ compito precipuo dell’amministrazione comunale di Bra e dell’associazionismo culturale diffuso dare un contributo decisivo a questa rivalutazione.
